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«Sogno il mio Tiffany al cinema»

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Il prossimo libro sarà ambientato a Portofino in omaggio all'Italia La prima volta a Roma domani sera al Festival delle Letterature

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Iltutto accompagnato da un titolo giusto, della serie: mettici Tiffany e il successo è garantito. Con undici edizioni in tre mesi l'ultimo libro di Karen Swan «Un diamante da Tiffany», ha sbancato nelle librerie. Ma non solo per quel titolo «furbo». Il volume fa parte di un filone che la Newton Compoton vende a soli 9.90 euro (per circa 500 pagine) che fa staccare la spina dai problemi di tutti i giorni e ti immerge in'atmosfera di assoluta «leggerezza». Karen, che domani sera sarà per la prima volta nella Capitaleal Festival internazionale di Roma Letterature a Massenzio, ci svela un po'più di se stessa e dei progetti per il futuro. Il mondo della moda e poi le scogliere del Sussex. La sua storia sembra percorrere al contrario la vita di Cassie... «Lo so! Lei sta per scoprire le più grandi città del mondo e io mi ritiro da loro! Ma credo di essere andata nella direzione giusta. Lavorare nella moda è un'esperienza eccitante - molti viaggi intercontinentali, feste, incontri con persone interessanti ... tutto questo va benissimo quando sei giovane e sei appena uscita dall'università. Ma una volta che incontri l'uomo giusto e arrivano i bambini, le priorità cambiano. Vuoi passare con loro tutto il tempo e hai un forte bisogno di mettere radici profonde per concentrarti sui valori della vita che contano realmente». Rimpiange qualcosa della sua passata esperienza come giornalista a Vogue, oppure è meglio tenersi alla larga dalle redazioni tipo "Il diavolo veste Prada"? «No, ho capito che quel mondo non faceva per me quando mi sono trovata a dover scrivere un articolo sulle qualità del grigio per il terzo cambio stagione. Voglio dire: è uno scherzo? Tuttavia sono molto grata per quello che ho potuto conoscere - ossessivi, appassionati personaggi, idiosincrasie e un certo gusto per il drammatico - sto trovando tutto molto utile oggi». Quando ha deciso di voltare pagina e di dedicarsi a un tipo di scrittura diverso? «Avevo appena dato alla luce il mio primo figlio e scritto un saggio sulla gravidanza insieme alla mia ginecologa, Gowri Motha, di cui avevo seguito il programma di gravidanza. Lei aveva come clienti varie celebrità: Stella McCartney, Elle McPherson, Kate Moss, Gwyneth Paltrow, così il libro era andato piuttosto bene. Fu il mio agente di quel libro che mi suggerì di provare a scrivere un romanzo. Prima che me ne rendessi conto stavo già scrivendo. Ora dipendo dalla scrittura. Non potrei rinunciare neppure se volessi». Quanto c'è di autobiografico nei suoi romanzi? «Tendo a mettere parte di me solo in piccoli dettagli, come un vestito o l'anello di un personaggio, o una marca particolare di tè che gli piace bere. Ma la voce è la mia, il modo in cui si legge il libro è il mio modo di parlare». Tre città, quattro amiche diverse tra loro che sembrano uscite da Sex and the city. Il telefilm più amato dalle donne l'ha ispirata? «No, per niente in realtà. Mi è piaciuta la serie, ma non ne sono andata matta. Penso che gli unici elementi che ha in comune con il mio libro siano l'accento sull'importanza dell'amicizia tra donne e l'amore per Manhattan». Un mare di copie vendute. La sua vita quanto è cambiata con il successo? «Solo in una cosa: ho una favolosa casella di posta ricca di commenti generosi che scaldano il cuore da parte di donne di tutto il mondo. È una sensazione meravigliosa». I suoi figli cosa dicono di lei? E che voto si dà lei come mamma? «Beh, loro si lamentano molto del fatto che sono "sempre a lavoro" (non è vero!), semplicemente perché vorrebbero passare tutto il tempo a giocare a calcio, con me che li raggiungo e cucino per loro i brownies. Sono innamorata di loro in maniera imbarazzante. Sono quel genere di mamma che fa il tifo dagli spalti a tutte le loro partite di rugby. Penso che mi darei una A-(l'equivalente del nostro 10- ndr). Di recente 10 ragazzini hanno dormito a casa mia per la festa di compleanno per gli 8 anni del mio secondo figlio. Questo mi ha reso un supereroe!» Dato per certo che i suoi libri piacciono molto, la scelta del titolo, con la citazione di Tiffany che in qualche modo è garanzia di successo, è stata una scelta "furba"? «Ad essere onesti, questa parte spetta agli editori. Sono pessima nel dare i titoli ai libri, e quando stavo scrivendo "Un diamante da Tiffany", per me avrebbe potuto chiamarsi "New York-Parigi-Londra". Scrivere un libro è un lavoro di squadra. La mia storia è buona, ma so che i miei editori sono stati molto intelligenti e hanno svolto un ruolo fondamentale nel rendere questo libro un tale successo». Il prossimo obiettivo da centrare? «Il libro che sto per iniziare a scrivere è ambientato per metà a Portofino (e per metà a Portobello, Londra), proprio perché vorrei fare un regalo ai lettori italiani che si sono dimostrati fantastici. I miei editori hanno comprato la mia backlist così gli italiani avranno un mio nuovo libro ogni sei mesi. Mi piacerebbe vedere "Un diamante da Tiffany" diventare un film, anche ai miei figli piacerebbe molto».

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