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Oltre Tolkien: la nuova era degli adoratori della spada

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Gliinventori del «cappa e spada», primo in testa John Ronald Reuel Tolkien, con «Il signore degli anelli», hanno un posto inamovibile nel cuore degli appassionati del genere. Tolkien ha raccontato le storie di Frodo, Bilbo e Gandalf all'inizio degli anni Cinquanta e da allora non hanno mai smesso di essere lette. In seconda posizione, più o meno, c'è uno scrittore del quale la vita, prima dei romanzi, è stata un'avventura. Robert Ervin Howard, fragile, provato da esperienze dolorose, instabile, si tolse la vita con un colpo di pistola a trent'anni. Era il 1936. La breve esistenza gli bastò comunque per diventare il padre dell'heroic fantasy, creando il più celebre dei guerrieri: Conan il barbaro. Ultimo, ma non per importanza, c'è Edgar Rice Burroughs. Amatissimo dai cultori del fantasy non è il suo personaggio più conosciuto, che l'ha reso ricco e celebre, Tarzan, ma il più ricercato «John Carter di Marte». Arrivato in libreria più o meno nel 1911 ebbe subito un'eccezionale successo. Fu poi, ciclicamente, dimenticato e riscoperto, fino al momento attuale nel quale è stato glorificato dal kolossal in 3d realizzato dalla Disney. È come se i primi tre che cominciarono a produrre automobili, all'inizio del secolo, avessero subito fatto le migliori, le più belle e affidabili di sempre. Oggi gireremmo tutti, ancora, con Mercedes Tourenwagen, Bugatti Royale, Ford T. Allo stesso modo il mercato del fantasy, fatto di bella prosa, colpi di scena ed emozioni, sembra aver toccato nelle sue prime stagioni la vetta massima. E non è un mercato di nicchia: l'appassionato del genere è un lettore vorace e raffinato, gli editori lo sanno bene e tentano in ogni modo di accontentarlo. Ma qualcosa di nuovo doveva pur affacciarsi su questo panorama avventuroso. Arriva ora nelle librerie «Sopravvissuti», firmato da Richard K. Morgan, Gargoylextra, traduzione dall'inglese di Maria Antonietta Struzziero, monumentali 489 pagine, secondo la tradizione del genere, euro 18,90. Da tenere a mente il titolo originale: «The Steel Remains», con il richiamo a quell'acciaio che è stato protagonista di tanti romanzi fantasy, primi tra tutti quelli di Robert Howard. «Sopravvissuti» è al tempo stesso un omaggio al genere e ai suoi creatori, un romanzo costruito sui temi classici, ma anche uno scritto che rappresenta una frattura e anche un'«alternativa» per gli «adoratori della spada», i lettori del fantasy con toni epici ed eroici. Gli elementi fondanti ci sono tutti: c'è il soldato, l'abilissimo guerriero che, in questo che è il primo romanzo di una saga, si chiama Ringil. Attorno a lui un mondo complesso e in disfacimento. Un mondo nel quale c'è sempre un viaggio, altro elemento fondamentale del genere, da affrontare, per salvare una persona cara che, magari alla fine si rivelerà meno cara di quello che poteva sembrare. Ci sono i duelli, ci sono le torture. C'è (e come poteva mancare) una corte corrotta popolata da una serie incredibile di personaggi. Richard Morgan, l'autore, è un distinto professore di lingua inglese di Londra che, come nello strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, nelle notti di luna piena si trasforma e diventa un'autore di fantascienza. Il suo esordio (con il romanzo «Bay City», più o meno nel 2006) è stato nel filone cyber-punk, con il quale si è fatto conoscere in fretta. Uno scrittore di fantascienza, dunque che, come in molti altri casi, ad un certo punto ha deciso di seguire la «via della spada». Ma possibile che non inventi nulla per stupirci? Quel soldato coraggioso, quel Ringil che sembra tanto parente di Conan, è però anche gay. E ugualmente tutti gli altri personaggi, «incastrati» dentro il cliché degli stereotipi del fantasy, svelano poi lati del carattere imprevedibili, le situazioni si evolvono in modo inusuale, la prosa segue ritmi molto poco epici. Sogni, armi di metallo, sciamani e guerrieri passando per la penna di Morgan ne fuoriescono definitivamente cambiati nei loro caratteri fondamentali. Si tratta di una proposta di rinnovamento di un genere che è ormai congelato nei suoi percorsi dai tempi di Tolkien. Nel mondo di lingua inglese l'idea ha trovato una calorosa accoglienza: l'iconoclastia di Morgan ha suscitato commenti (anche molto autorevoli) certamente positivi. Ma il vero merito di Morgan è quello di aver indicato una strada: «Il signore degli anelli» è stato scritto, è vero, ma il genere non deve per forza mummificarsi così.

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