La musica alternativa vince nel regno dei libri
Lanotizia è stata comunicata durante l'ultima giornata del Salone del Libro di Torino. È questo il risultato della consultazione indetta dal Mei attraverso giornalisti, critici specializzati e operatori del settore. Il Mei, a cui si deve il riconoscimento delle piccole etichette discografiche - in Italia definite indipendenti, all'estero meglio note come «indie» - organizza da anni un meeting del settore a Faenza, in novembre, ma quest'anno ha preferito lanciare questa iniziativa all'interno della principale manifestazione editoriale italiana, proprio per meglio significare il rapporto fra musica e cultura. La vittoria degli Area non deve stupire, visto che all'inizio degli anni '70 fu proprio una piccola etichetta milanese, la Cramps, a lanciare il gruppo di Demetrio Stratos, allora espressione di una certa avanguardia pop. La Cramps era un progetto di Gianni Sassi, intellettuale, situazionista, pubblicitario, membro del gruppo Fluxus, il quale come produttore puntò su molti altri giovani artisti di quel periodo, fra cui Eugenio Finardi e Franco Battiato. Ma il referendum, il primo di questo tipo, guardava anche lontano, ricordando in qualche modo anche i pionieri dell'indipendenza discografica, nata verso la fine degli anni '50. Non a caso il testimonial del premio è stato Ricky Gianco, che proprio 50 anni fa debuttava con il suo primo singolo, «Vedrai che passerà», con il Clan Celentano. Lo stesso Molleggiato aveva lasciato la piccola etichetta che lo aveva lanciato nel '58 per fondarne una propria, appunto Clan, pubblicando «Stai lontana da me» con cui nel '62 vinse il primo Cantagiro. Fra gli artisti ben piazzati, molti quelli appartenenti alla generazione del primo rock and roll, fra cui Mina, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci. «Questi risultati - afferma Giordano Sangiorgi, patron del Mei - oltre a sottolineare una storia importante come quella della discografia indipendente, che meriterebbe anche una serata televisiva, fanno riflettere sulla gran quantità di artisti che vengono percepiti come indipendenti». È vero. Basti pensare alla presenza nei primi cinquanta classificati di gruppi di notevole peso nella musica di questi anni, dagli Avion Travel agli Almamegretta, dai Litfiba ai Subsonica, per non parlare di quelli venuti prima, quali Premiata Forneria Marconi e Skiantos. Presenti anche artisti importanti dei quali non sempre si ricorda la provenienza «indipendente» con piccole etichette, fra cui Rino Gaetano, i Giganti, Piero Ciampi, Fabrizio De Andrè e lo stesso Lucio Battisti. Il successo e l'interesse per questo referendum è stato immediato e l'iniziativa ben si accosta alla prima hit parade indipendente, compilata settimanalmente sempre dal Mei e ormai irrinunciabile punto di riferimento per appassionati e addetti ai lavori. Certo, l'ambiente discografico è profondamente cambiato in questi ultimi anni. Non rispetto a trent'anni fa, ma anche nei confronti del panorama di tre o quattro anni or sono. L'appartenenza alle etichette indipendenti, a volte non sottolineava soltanto un'espressione artistica, bensì una scelta di campo molto più ampia. Tutto ciò per prendere le distanze dalle odiate major, viste come esempio di omologazione e desertificazione artistica. Ciò naturalmente non ha impedito a molti artisti, negli anni, di gettarsi a braccia aperte, nella grande discografia; ma di colpo tutto è cambiato. La rete, la pirateria, la musica liquida, la crisi dei supporti e altre ragioni hanno reso le major povere, deboli, a volte addirittura inutili e obsolete, al punto che considerare l'extra mercato subalterno e addirittura «alternativo» non ha più molto senso. C'è ragione di credere che la musica italiana dovrà tener presente tutte queste nuove realtà, indipendentemente dalle etichette (a volte solo di comodo) e dagli schieramenti socio-politici (a volte una comoda difesa per l'inadeguatezza artistica). Forse è finito il momento d'oro dell'impegno, speriamo a favore di quello della creatività, dell'ispirazione, di quella trasparenza artistica di cui si sente così bisogno. Soltanto in Italia ci facciamo conoscere per certe bufale pseudo-impegnate. L'esempio musicale da non seguire arriva dalla televisione, quello che merita attenzione e stimoli giunge dalle piccole realtà, da cui cerca di esprimersi senza tener presente soltanto le ambizioni sbagliate della celebrità e del successo effimero, quello senza gavetta. Fortunatamente sempre più stagionale.