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di Carlo Antini Il vero volto di Caravaggio spunta tra la folla nella «Resurrezione di Lazzaro».

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Tuttonell'arte di Caravaggio cospira per tenere attanagliato lo spettatore. Come sottolineava Giulio Carlo Argan, la luce in Caravaggio è uno dei personaggi in gioco. Non utilizzata soltanto per sottolineare caratteristiche visibili ma anche e soprattutto per farsi voce sacra, forma e presenza costante del suo tratto a un tempo carnale e spirituale. «La resurrezione di Lazzaro» del 1609 è uno dei dipinti più importanti eseguiti da Caravaggio in Sicilia nell'ultimo periodo della sua vita, dopo la precipitosa fuga da Malta. L'opera, dopo un complesso restauro compiuto dagli esperti dell'Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, sarà esposto per la prima volta a Roma dal 16 giugno al Museo di Palazzo Braschi. Della tela del Museo Regionale di Messina tornano particolari scomparsi, come l'autoritratto del Merisi e le originarie cromie. Opera imponente (3,80 metri per 2,85), il dipinto è da circa sei mesi nella Capitale, nelle mani dei restauratori dell'Istituto che hanno condotto a Messina alcuni saggi di pulitura. Grazie a leggeri solventi, molto volatili, sono riemersi particolari fondamentali per restituire una nuova leggibilità al capolavoro del Merisi. Tra questi, il profilo del Cristo, le braccia spalancate di Lazzaro frementi di vita dopo il rigore della morte, l'autoritratto di Caravaggio confuso tra la piccola folla che assiste al miracolo. Il problema della tela è sempre stato costituito dall'ingiallimento delle vernici usate nelle ridipinture settecentesche che avevano talmente compromesso il capolavoro da renderne incerta l'autografia. Invece, spiega la direttrice dell'Istituto superiore per la conservazione e il restauro Gisella Capponi, la grande pala, commissionata al genio lombardo dal mercante genovese Giovan Battista Lazzari per la chiesa dei Padri Crociferi, è uno dei pochi dipinti la cui attribuzione sia documentata dalle antiche fonti messinesi. Realizzata tra il 1608 e il 1609, appena l'artista arrivò a Messina da Siracusa, l'opera presenta le caratteristiche salienti dell'ultimo Caravaggio, da cui derivano le vicende conservative dal XVII secolo a oggi. L'impianto altamente drammatico, con un forte contrasto di luci e ombre, si avvale di una vasta campitura scura, praticamente solo la preparazione bruna della tela, un espediente (come del resto la pennellata larga) usato dal genio lombardo per realizzare l'opera in breve tempo a dispetto delle notevoli dimensioni. Per questo, nel tempo, si sono succeduti numerosi interventi per cercare di tirare su il tono troppo cupo della scena. L'uso delle vernici, però, non solo ha via via compromesso la lettura del dipinto, ma ha anche causato in alcuni punti la micro-fratturazione della pellicola pittorica. A sostenere l'impegno dell'Istituto superiore per il restauro è stata la società MetaMorfosi che ha stanziato 100.000 euro per la comunicazione, l'allestimento della mostra romana, il trasporto a Messina a lavori ultimati (dove al Museo Regionale dal 22 luglio si svolgerà un'altra esposizione). Per arrivare a Roma, la «Resurrezione di Lazzaro» nella seconda metà del 2011 ha usufruito dello spostamento di un altro Caravaggio, l'«Adorazione dei pastori», che Mondomostre ha portato a Mosca per l'esposizione del Museo Puskin. Il dramma e le passioni racchiuse sulla tela di un quadro. Caravaggio è stato uno dei più discussi geni della storia dell'arte e la sua vita condotta sopra le righe ha influenzato non solo i suoi coevi ma anche e soprattutto gli artisti che sarebbero venuti dopo di lui, dando vita alla cosiddetta corrente del caravaggismo. Di animo particolarmente irrequieto, Caravaggio affrontò aspre vicende durante la sua breve esistenza. Data cruciale per l'arte e la vita del Merisi fu quella del 28 maggio 1606 quando, rendendosi responsabile di un omicidio e condannato a morte per lo stesso, dovette vivere gli anni successivi in costante fuga per scampare alla pena capitale. Ed è proprio a questi anni di fuga che risale «La resurrezione di Lazzaro». Probabilmente dietro l'assassinio di Ranuccio c'erano anche questioni economiche, forse qualche debito di gioco non pagato dal pittore o addirittura politiche. Il resto della sua esistenza, però, la trascorse fuggendo da una parte all'altra dell'Italia e del Mediterraneo, Malta compresa. Sempre sotto l'ala protettiva della famiglia Colonna. E della sua arte immortale.

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