Il famoso acronimo S.P.Q.R.
Eforse, dice, nasconde un mistero: «Non vuol dire "il Senato e il popolo romano", ma allude invece alla quintessenza del genio romano». Per Droj «la Q nel Populusque è del tutto innaturale. Dovrebbe designare qualche altra parola che inizia con la Q oppure con la C in quanto ambedue appartenenti foneticamente alla stessa famiglia. Perciò S.P.Q.R. dovrebbe essere S.P.C.R. C'e da dire poi che S.P.Q.R. (S.P.C.R.) fu concepito a proprio uso come regola mentis e criterio operativo. Nella formula S.P.C.R. sono codificate in maniera segreta le norme di comportamento della gens romana, gens latina. Le quattro lettere iniziali designanti le parole furono pensate in modo da contenere il massimo di principi conduttori da cui derivare poi i criteri operativi tra cui quello più importante, il rispetto: RESPACTUS ossia RES PACTUS. L'acronimo S.P.Q.R. - continua Droj - rappresentò una vera Costituzione in miniatura, racchiusa in quattro lettere ma forte e suggestiva. Senza rispetto nessuna formula e nessun patto è efficiente». «Il Capitolio - spiega ancora - doveva presiedere alla cosa capitale: la Sicurezza. Nonostante tutto, se le sentinelle romane non fossero state svegliate e salvate dalle oche che avvertirono dell'incursione dei nemici, la storia di Roma si sarebbe fermata là. Di qui la decisione di rispettare per sempre la legge della sicurezza (S.C.R.), creando un Patto: Res Pactus ossia Respactus basato su Rispecto (Rispetto) dal lat. respicere. RSPC che si decantò nel generico S.P.C.R. La formula di copertura S.P.Q.R. contenente la lettera Q fu introdotta per tenere nascosto il vero segreto agli occhi dei nemici».