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di Carlo Antini Due ragazzi benestanti, colti, imbevuti di letture - soprattutto lui - di nobili cavalieri e amori cortesi.

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Decisero,in momenti diversi, di spogliarsi delle loro ricchezze e, nudi, di abbracciare una nuova vita per gli ultimi. Quelle di Chiara e Francesco furono due esistenze che si intrecciarono strettamente pur percorrendo, ciascuno dei due santi, cammini differenti. Lo scopriamo direttamente dalle loro voci, dai loro scritti, a cui Chiara Frugoni dedica nel suo «Storia di Chiara e Francesco» uno spazio del tutto nuovo. Facendo parlare direttamente i protagonisti, la Frugoni fa del lettore un compagno di strada di Chiara e Francesco, permettendogli di accostarsi al loro generoso progetto e alle resistenze, ai tradimenti, ai compromessi con cui i due dovettero fare i conti per rendere reale la loro utopia. Del resto è una storia, quella di Chiara e Francesco, che col passare dei secoli nulla ha perso della sua travolgente novità. Al contrario, è come se il tempo trascorso non smettesse di sottolinearne la radicale modernità: il rapporto con i poveri, e quindi col denaro e il potere; il ruolo non subalterno della donna; la funzione dei laici nell'istituzione religiosa; l'importanza del lavoro manuale in servizio del prossimo e come garanzia di libertà; la relazione con fedi diverse. Poche altre figure storiche sono riuscite a forgiare un modello di comportamento capace di contrapporsi all'esistente con una radicalità pari alla loro mitezza. Perché è questo, in fondo, uno degli aspetti più caratteristici del magistero dei due santi: il tentativo di rispondere a una domanda, oggi come allora, «impossibile»: come farsi carico delle ingiustizie del mondo usando solo le parole del Vangelo? L'autrice Chiara Frugoni ha insegnato Storia medievale all'Università di Pisa, Roma e Parigi. Ha pubblicato numerosi saggi sulle figure di San Francesco e Santa Chiara, tra cui «Francesco e l'invenzione delle stimmate», «Vita di un uomo: Francesco d'Assisi» e «Una solitudine abitata: Chiara d'Assisi». I suoi libri sono tradotti nelle principali lingue europee, oltre che in giapponese e in coreano. Nell'avviso ai lettori, la studiosa sottolinea le scelte che l'hanno guidata nel duplice ritratto dei santi. «Non ho voluto scrivere un racconto che intrecciasse le intere biografie dei due santi ai quali ho già dedicato libri - precisa la Frugoni - Ho scelto di privilegiare qui le voci di Chiara e Francesco e ascoltare poco quelle dei loro agiografi, costretti spesso a seguire la volontà dei committenti. Mi premeva capire in che cosa fosse consistita davvero la novità del progetto di vita cristiana di Francesco e Chiara: entrambi, anche se in modo diverso, non vollero assistere infatti, senza farsene carico, alla realtà sociale dei loro tempi, trovando nelle parole del Vangelo la lingua per dichiararsi e agire». E sono proprio le parole dei due santi a fare la differenza. A rendere il libro della Frugoni uno strumento indispensabile per comprendere fino in fondo la personalità dei due santi. «E dopo che il Signore mi dette dei fratelli - dice Francesco nel testamento - nessuno mi mostrava che cosa dovessi fare, ma lo stesso Altissimo mi rivelò che dovevo vivere secondo la forma del santo Vangelo». E più avanti: «Se avessimo dei beni, dovremmo disporre anche di armi per difenderci. È dalla ricchezza che provengono questioni e liti, e così viene impedito in molte maniere tanto l'amore di Dio quanto l'amore del prossimo. Per questo non vogliamo possedere alcun bene materiale a questo mondo». Il voto di povertà viene ribadito anche poco dopo. «E quelli che venivano per intraprendere questa vita, distribuivano ai poveri tutto quello che potevano avere; ed eravamo contenti di una sola tonaca, rappezzata dentro e fuori, quelli che volevano, del cingolo e delle brache e non volevano avere di più...Il Signore mi rivelò che dicessimo questo saluto: "Il Signore ti dia pace"». Il privilegio dell'Altissima povertà emerge anche nelle parole di Santa Chiara. «Dopo che l'Altissimo Padre celeste si degnò illuminare l'anima mia mediante la sua grazia - scrive la santa - perché, seguendo l'esempio e gli insegnamenti del beatissimo padre nostro Francesco, io facessi penitenza, poco tempo dopo la conversione di lui, liberamente, insieme con le mie sorelle, gli promisi obbedienza. Il beato padre, poi, considerando che noi non temevamo nessuna povertà, fatica, tribolazione, umiliazione e disprezzo del mondo, che anzi l'avevamo in conto di grande delizia, mosso da paterno affetto, scrisse per noi la forma di vita in questo modo: "Poiché per divina ispirazione vi siete fatte figlie e ancelle dell'Altissimo sommo Re, il Padre celeste, e vi siete sposate allo Spirito Santo, scegliendo di vivere secondo la perfezione del santo Vangelo, voglio e prometto, da parte mia e dei miei frati di avere sempre di voi, come di loro, attenta cura e sollecitudine speciale"». Nell'intreccio dei destini dei due santi, il senso e il segreto di una religiosità cristallina, l'esempio di amore alla base del più profondo senso cristiano.

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