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Crocetti: ecco come ho vinto con i miei poeti

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TenaceParla l'editore della rivista «POESIA» «Italia provinciale. Siamo ancora al Gruppo 63»

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Untraguardo straordinario nel panorama nazionale e internazionale. Ne parliamo con Nicola Crocetti, nato nel 1940 a Patrasso e ancora giovane traferitosi a Firenze e poi a Milano. Di «POESIA» Crocetti è l'artefice e il coraggioso e appassionato editore. Come è cominciata questa avventura? Trentuno anni fa ho avviato la casa editrice che intendeva pubblicare unicamente poesia. Nel tempo ho derogato a questo rigoroso proposito, per dare spazio anche alla narrativa greca contemporanea, essendo io di origine greca ed essendo questa narrativa completamente trascurata dall'editoria italiana. Dal '97 ad oggi ho pubblicato più di novanta romanzi. E la rivista? Il progetto era nella mia mente fin dai primi anni Ottanta, ma occorrevano capitali che io non avevo. Nell'87 ho deciso di tentare la sorte e farla senza fondi. È andata bene comunque. Facciamo un po' di numeri. Siamo partiti con una vendita di circa 25 mila copie, poi abbiamo avuto tirature molto alte, fino alle 50 mila copie. Oggi ci siamo assestati sulle 20 mila. Abbiamo ospitato più di 2700 poeti di tutto il mondo. Sono stato il primo nella storia al mondo ad aver fatto uno spot pubblicitario per la poesia e il primo a portare una rivista di poesia in edicola. E devo precisare che in venticinque anni non ho mai beneficiato di un euro di sovvenzione pubblica, a differenza di tutte le altre riviste o quotidiani. C'è una linea editoriale? Non ho mai fatto dichiarazioni di intenti, la mia idea era di dare spazio alla poesia importante di ogni tempo, luogo e Paese. Ho pubblicato poesie di trentasei lingue diverse, perché la mia idea era di privilegiare la poesia straniera. Moltissimi i poeti stranieri che ho pubblicato per primo in Italia, e che poi sono finiti presso grandi editori. Credo di aver fatto un'operazione di diffusione e divulgazione della poesia senza precedenti in questo Paese. Il suo è un osservatorio privilegiato. Come vede la poesia italiana oggi? Per la qualità non sta affatto male. Ci sono sicuramente tanti buoni o ottimi poeti, ma non vedo giganti all'orizzonte. Perché? Credo che la poesia italiana soffra di un difetto antico e diffuso: il provincialismo. Nei dibattiti, anche recenti, si parla ancora del Gruppo 63, senza accorgersi che è passato mezzo secolo da allora. Il resto del mondo va avanti. Il nostro è un vizio da cui non ci si riesce a liberare. Fortunatamente ci sono tante piccole case editrici che fanno un lavoro importantissimo sulla poesia, anche se in sordina e con pochi mezzi. La cultura infatti è la cosa più negletta in Italia; i primi tagli riguardano sempre prima di tutto la cultura. È una politica di una miopia suicida. Qual è il pubblico della rivista? POESIA è rivolta a un pubblico vasto. Tra i nostri lettori ci sono state suore di clausura, bambine di dodici o quattordici anni, studenti di ogni età, professionisti, letterari, o semplici amanti della poesia. La rivista si rivolge soprattutto a chi ama la poesia. In un popolo di aspiranti poeti, abbiamo un'ambizione: convincere la gente che prima di scrivere la poesia bisognerebbe leggerla. Ricorda una grande soddisfazione? Molte! Una in particolare: una lettera commovente di un edicolante di Catania, che, rendendosi conto dei sacrifici che comporta pubblicare una rivista di poesia, decise, spontaneamente, di mettere il logo della rivista sulla cresta della sua edicola. E le delusioni? Sono quotidiane, e vengono dalle migliaia di richieste di persone che vogliono essere pubblicate, chiedendo però di essere avvertite, così poi comprano la rivista! Un fenomeno oggi tanto diffuso sono i festival letterari. Io sono parte in causa, dirigendo il festival di Parma. Ma ne penso tutto il bene possibile, come per qualunque iniziativa rivolta alla promozione e diffusione della poesia. Di poesia, in televisione o nei giornali, si parla assai raramente e spesso a sproposito. La funzione dei festival (e delle riviste) è di far conoscere quello che c'è oltre il nostro cortile domestico. Ci sono poeti straordinari in lingue poco conosciute, il polacco, il greco, il rumeno, il ceco, di cui quasi nessuno parla mai. Come se la cava la poesia italiana all'estero? All'estero sono meno provinciali di noi e più aperti verso la poesia di ogni parte del mondo. La nostra poesia è regolarmente tradotta e proposta al pubblico. Del resto in quasi tutti gli altri Paesi i poeti vengono trattati molto meglio di quanto si fa in Italia. Progetti per il futuro? Be', prima di tutto la sopravvivenza. POESIA il suo dovere l'ha fatto, avendo venduto tre milioni di copie in ogni angolo del Paese, e facendo arrivare dove la poesia non era mai arrivata prima: nelle edicole, cioè nelle migliaia di città italiane sprovviste di librerie. Naturalmente con l'informatica il mondo è completamente cambiato. Se digitiamo la voce «poesia» su Google, troviamo circa novanta milioni di pagine, per la voce «poetry» addirittura 320 milioni. Tanto per smentire che la poesia non interessa a nessuno!

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