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di Massimiliano Lenzi «La mortadella è comunista, il salame è socialista, il prosciutto è democristiano.

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Ilprosciutto cotto è fascista». E i radicali? «La finocchiona, i radicali la finocchiona». Il dialogo di uno dei più divertenti film di Francesco Nuti, Caruso Pascoski di padre polacco, balza subito alla mente leggendo l'ultimo libro di Matteo Renzi, Stil novo (Rizzoli), dove il sindaco di Firenze, rottamatore della nomenclatura del Partito democratico, azzarda una convinzione un po' forte. Per non dire una bischerata. «Io sono convinto - scrive - che Dante era di sinistra, anche se non la sapeva. Cioè, lui non sapeva che sarebbe stato utile alla sinistra italiana del XXI secolo». Lì per lì si potrebbe pensare d'aver letto male. Una stropicciata agli occhi, le pagine a ritroso per l'inizio del capitolo e tonfa. Ci risiamo. «Dante e il linguaggio della sinistra». Non c'è nulla da fare, gli è proprio lui, l'Alighieri. Di sinistra. Ma a sua insaputa, secondo Renzi, e senza aver comprato o rifatto case. «Cioè - scrive il sindaco - lui non sapeva che sarebbe stato utile alla sinistra italiana del XXI secolo». Utile, il Dante, lo è. Ma più che per la sinistra, per la cultura italiana così intrisa di buonismi e di ovvietà, con attori che fanno gli scrittori, con giornalisti che scrivono romanzi e con i poeti ormai scomparsi (o quasi). Con Roberto Benigni, una volta attore sapido e fustigatore del Potere - con le sue incursioni tv, da Televacca in poi - oggi voce-Vate che legge Dante e si commuove. Perché Dante, checché ne pensi il buon Renzi, non era di sinistra ed era politicamente scorretto. L'esatto contrario della sinistra del XXI secolo e - diciamola tutta - pure della politica di oggi, così buona in apparenza, attenta ai diritti di tutti, dai mangiatori di cibi sani, ai cultori del fitness, dalle quote rose alle diversità ma così poco schietta sotto la superficie. La lingua di Dante nell'Italia odierna è una lingua marziana. Primo perché l'italiano non lo studia più nessuno e quello che parla la maggior parte del Paese non c'entra nulla con il volgare dell'Alighieri. Arriva semmai dalla televisione (una commedia poco divina), tendenza Mike Bongiorno per i più semplici e tendenza Enzo Tortora per i più colti. Secondo, perché Dante è sapido, cattivo, scorretto. Leale ma duro. I sodomiti - ad esempio - li mette all'inferno: «Canto XV, ove tratta di quello medesimo girone e di quello medesimo cerchio; e qui sono puniti coloro che fanno forza ne la deitade, spregiando natura e sua bontade, sì come sono li soddomiti». Ci incontra Brunetto Latini, scrittore, poeta, politico e notaio fiorentino vissuto nel 1200 e si meraviglia: «Siete voi qui, ser Brunetto?». Sostiene Renzi, nel suo argomentare sull'Alighieri di sinistra, che «cancella la distinzione tra cittadini di serie A e di serie B; è come se spedisse all'inferno gli snob e i radical-chic. Con il volgare, Dante scrive dell'uomo e della donna, del loro dolore, della loro bellezza». Se fosse in vita - aggiunge Renzi in un altro passaggio - scriverebbe «sul suo blog parole al vetriolo». Suvvia, non scherziamo e lasciamo i blog al XXI secolo e Dante alla sua epoca e cattiveria. Perché il Sommo poeta, come tutti i grandi, sapeva essere cattivo, persino arrogante all'occorrenza. Nel Purgatorio, Canto XI, scrive. «Credette Cimabue ne la pittura / tener lo campo, e ora ha Giotto il grido / sì che la fama di colui è scura. Così ha tolto l'uno a l'altro Guido / la gloria de la lingua; e forse è nato / chi l'uno e l'altro caccerà del nido». I due Guido sono i poeti Cavalcanti e Guinizzelli e chi li caccerà dal nido è lui, Dante. Averne, a sinistra (ma anche a destra e pure al centro) di gente così, oggi, dove tutto è sfumato, celato, persino le arrabbiature e le divisioni più profonde della politica. No, Dante è di certo al di là della sinistra (e pure della destra), per non parlare del mezzo. E stavolta il ganzo Matteo Renzi nell'inseguire la propria fiorentinità ha esagerato. Andare a spasso nel tempo è un vezzo hollywoodiano e Dante non c'entra nulla. Lui che non perdonava niente, così intransigente da rinfacciare alla propria città di aver dato i natali a qualche ladro, cosa c'incastra con la politica del terzo millennio? Nel XXVI canto dell'Inferno, scrive: «Godi, Fiorenza, poi che se' sì grande, che per mare e per terra batti l'ali, e per lo 'nferno tuo nome si spande! Tra li ladron trovai cinque cotali tuoi cittadini onde mi ven vergogna / e tu in grande orranza non ne sali». Parole intransigenti, implacabili, nulla a che vedere con le usanze contemporanee, dove si perdona tutto, errori di ortografia compresi. Nota Renzi che «Dante usa il volgare, una straordinaria operazione che rende la cultura accessibile a tutti». La cultura, per definizione, non può essere accessibile a tutti, caro sindaco, quella è un'aspirazione. Il resto è buonismo. La cultura è fatica, non facilità. È conquista. E la Divina Commedia, grazie a Dante, è l'esatto contrario del libro Cuore. Chi pecca finisce all'inferno, amico o no. Quanto alla sinistra di oggi, mentre cerca Dante (che, suggerisce Renzi nel suo libro, la sinistra «ignora quanto potrebbe esserle utile»), è difficile darne una definizione. Pensando al Nuti di Caruso Paskoski ed al gioco dei salumi che citavamo all'inizio, potremmo azzardare qualcosa. Chissà, forse il Pd è un mallegato.

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