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Addio al galantuomo Ghirelli

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Da comunista a socialista, dopo i fatti di Budapest Raccontava con brio sport, politica, cultura

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Incui l'uomo era attore di una ricerca continua, di un lavoro di critica e di analisi della società. Un intellettuale vero, più vicino a Pasolini che a quei radical chic preoccupati più della loro immagine che dei contenuti. Un intellettuale che le mani se le sporcava nella vita di tutti i giorni, che sia politica, che sia sport, che sia la difesa di una città e di una cultura. Ghirelli era napoletano e aveva Napoli, dove era nato il 10 maggio del 1922, nel cuore: con la sua la tradizione, la storia, l'eleganza, l'ironia, la passione. Erede di Serao, Scarpetta, Bovio, Murolo. Compagno di scuola di Francesco Rosi e Raffaele La Capria. Attento conoscitore di Eduardo. Severo censore di Malaparte per l'immagine che aveva dato della città con La Pelle. E l'epoca di Ghirelli è forse quella più vivace, proficua del '900. Scriveva di calcio, era direttore di giornali sportivi, ma come collega aveva una figura come Gianni Brera. Eredi in qualche modo del grande Orio Vergani che seguiva da inviato il giro d'Italia di ciclismo. E la politica che ha conosciuto e condiviso Ghirelli era quella della ricostruzione, dello sviluppo, dell'orgoglio italiano con Pertini, Moro e Bettino Craxi. La passione politica aveva radici antiche. Negli anni '40 conosce Napolitano con cui resterà legato per una vita. Nel 1942 aderì al Pci e fu naturale per lui partecipare alla guerra di liberazione, come dirigere Radio Bologna libera legata alle truppe americane. Finita la guerra scrisse per l'Unità e per Paese Sera dove curerà lo sport e la terza pagina. Un duplice incarico oggi difficilemte immaginabile. Ma cultura e sport non sono inconciliabili. Lo dimostrerà Ghirelli in tutta la sua vita professionale. Il 1956 fu un anno drammatico per una generazione di intellettuali comunisti. L'invasione dell'Ungheria porta Ghirelli fuori dal Pci come Giolitti, Colletti e tanti altri. Il punto di approdo divenne il Psi. Intanto si affermava nel giornalismo, direttore del Corriere dello Sport. Nel 1978 Pertini lo volle al Quirinale. Quel ligure scontroso e burbero si trovava bene con quel napoletano ironico e colto. Un tandem che si ruppe quando, durante un viaggio di Pertini in Spagna, partì un comunicato nel quale si chiedevano le dimissioni di Cossiga, ministro dell'Interno accusato di aver favorito un aderente a Prima Linea figlio di Carlo Donat Cattin, esponente di punta della Dc. Il comunicato era stato elaborato da altri, ma lui si dimise. Si prese colpe non sue. Una cosa a cui Pertini cercò in seguito di porre rimedio. Si dice che fu proprio lui a segnalare Ghirelli a Craxi. Divenne capo dell'ufficio stampa a Palazzo Chigi durante i governi guidati dal leader socialista. Poi nel 1986 fu chiamato a guidare il Tg2. Successivamente l'Avanti! Va ricordata la grande produzione di libri. Dalla Storia del Calcio in Italia fino al suo ultimo Aspettando la rivoluzione. Cento anni di sinistra italiana uscito nel 2008. E tra questi due testi ci sono libri su Napoli, sui personaggi del suo tempo come Moro, Craxi e Nenni. Oppure quello su Matilde Serao, la prima donna che diresse un quotidiano. Ci sono pubblicazioni su Totò e Eduardo. Ma anche sui tiranni, da Hitler a Pol Pot. Ci piace ricordarlo in una recente intervista in cui interpreta al meglio lo spirito della sua città: «Per noi napoletani l'amore è essenziale». Quell'amore che aveva da sempre verso la sua compagna di vita. Ci mancherà. Mancherà a questo giornale che ha avuto l'onore di ospitare molti suoi articoli. Mi mancherà perché ricorderò sempre quella mano incoraggiante sulla spalla durante il mio esame per diventare giornalista. Mancherà soprattutto all'Italia un grande giornalista e un galantuomo.

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