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di Lidia Lombardi Guardate la foto in basso.

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Mattoniassemblati, muri che sembrano abbracciarsi. L'architettura che si fa comunità. È l'abbazia di Santa Scolastica come si vede solo da un sentiero vietato alle macchine. La conquista dopo un andare che affatica le gambe e fa leggero l'animo. È l'inizio (o la fine) del «Cammino delle Abbazie», come lo ha chiamato il Cai del Lazio. Un itinerario che ignora asfalto di strade, cemento di città. E che, con l'aiuto di una segnaletica ora predisposta (quella che manca in tanta montagna del Lazio), porta i volenterosi del passo e i curiosi dello spirito sulla strada che Benedetto, il frate che predicava l'ora et labora, fece tra il 524 e il 529 da Subiaco a Montecassino. Sono 150 chilometri tra i monti Simbruini, gli Ernici, i Maggiori. Nove giorni, nove tappe con marcia di cinque-sei ore, pernottando in alberghi o in tenda. Il santo ci mise quattro anni. Predicazione, apostolato, meditazione, coltivazione della terra, preghiera. Contatto con i pastori, gli agricoltori, i poveracci incontrati nel cammino. In un'Italia rurale che sarebbe rimasta per secoli inconsapevole dei fasti di Roma, del fulgore urbano delle corti. Ad un punto, nella campagna collinosa di Veroli, si taglia l'antico confine tra Stato Pontificio e Regno delle Due Sicilie. Ma restavano confusi, qui, gli echi di beghe politiche, di guerre, di commercio di indulgenze, di delitti blasonati. I 150 chilometri del Cammino sono punteggiati dai monasteri fondati dal Santo. E da rovine romane e memorie latine, come ad Arpino, dove nacquero Cicerone e Caio Maio, o Roccasecca, la patria del santo e filosofo Tommaso. Se partiamo da Subiaco, scegliamo l'inizio temporale della parabola benedettina. Nelle grotte affrescate del Sacro Speco, la petrarchiana «soglia del Paradiso» che con nove archi sostiene il monastero, Benedetto seguì l'esempio di Francesco e fece l'eremita per tre anni. Il cenobio di Santa Scolastica, più a valle, dove fu costruita nel 1461 la prima tipografia italiana, si raggiunge ascoltando il gorgoglio dell'Aniene, che qui è trasparente. Ci inoltra nei boschi, verso Arcinazzo e poi Guarcino, già terra frusinate. E in mezzo agli alberi si incontrano pietre massicce antico-romane dell'Arco di Trevi come più avanti, ad Arpino, quelle della Porta a Sesto Acuto, o, ad Alatri, delle Mura Ciclopiche. La Certosa di Trisulti, voluta nel 1204 da Papa Innocenzo III, ha una farmacia affrescata da un Maestro del Cinquecento. Benedetto si fermò anche nella Badia di San Sebastiano, sede di una delle più antiche comunità cenobitiche d'Occidente. E vicino Veroli nel 1035 i suoi seguaci fondarono l'Abbazia di Casamari, esemplare architettura cistercense. Alla periferia di Sora, l'Abbazia di San Domenico ospitò il monaco Ildebrando, poi fatto papa Gregorio VII. Ora le valli sono attraversate dal fiume Liri e il viaggio prosegue lento fino alla meta, oltre il versante meridionale del Monte Cairo. Domina in alto l'abbazia di Montecassino. La casamadre dei Benedettini nella quale si scrisse la Regola. Medioevo e Novecento, quello della Liberazione alleata di Roma, si saldano.

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