Il «Fascismo» sconosciuto di De Felice
fascis:fascio di verghe, simbolo del potere dei magistrati romani). In età moderna il fascio fu il simbolo dell a Rivoluzione francese. In Italia fu adottato dai giacobini del 1796-1799, per cui passò, nel Risorgimento, a simboleggiare l'unità e la libertà. Nel linguaggio politico il termine fascio fu usato dai socialisti, sindacalisti e repubblicani per indicare singole organizzazioni di base o raggruppamenti politico-sociali a carattere, in genere, rivoluzionario. Fasci si denominarono nel 1914 i gruppi di interventisti rivoluzionari ai quali aderì anche B. Mussolini; dopo Caporetto sorse il Fascio parlamentare, intransigentemente patriottico; Fasci di combattimento, infine, si chiamò il movimento fondato da Mussolini il 23 marzo 1919. Da essi nacque il termine fascismo nell'accezione corrente e più corretta. Successivamente il termine fascismo fu esteso ad altri movimenti sorti in Europa tra le due guerre mondiali che avevano alcune caratteristiche simili o si richiamavano idealmente e politicamente al fascismo italiano. Dopo il «patto d'acciaio» si affermò nel linguaggio propagandistico democratico il termine nazi-fascismo con il quale si usò definire il regime e l'ideologia della Germania e dell'Italia e dei paesi aderenti o soggetti al sistema instaurato dall'Asse. Nel secondo dopoguerra il termine fascismo è stato impropriamente applicato talvolta ad alcuni regimi afroasiatici fondati sul sistema del partito unico. (...) Le differenze tra il regime nazionalsocialista e quello fascista sono numerose e, a volte, sostanziali; altrettanto si deve dire per quelle tra questi due regimi e gli altri dell'Europa orientale e balcanica (anche se, col passare del tempo, abbandonarono alcune delle iniziali parvenze liberal-democratiche), quello spagnolo e i movimenti «fascisti» dell'Europa occidentale (da escludere nettamente è poi che al modello fascistico possa ricollegarsi il regime turco di Kemal Atatürk). Nonostante queste differenze, anche fuori dal campo comunista, si affermò, specie dopo il 1933, la tendenza a tipicizzare il fenomeno e a ricondurre tutte le manifestazioni ad un unico comun denominatore.(...) Il fascismo si affermò laddove: – era predominante una economia agrario-latifondistica o ve ne erano massicci residui sostanzialmente non integrati nel complesso economico nazionale; – era in atto una crisi economica (inflazione, disoccupazione, carovita, ecc.) o non ne era ancora avvenuto il superamento; – era in atto una crisi (di crescenza o di senilità) del sistema parlamentare che metteva in causa la legittimità stessa del sistema (sia da parte socialista e comunista sia da parte di alcuni settori della borghesia) e accreditava l'idea di una mancanza di valide alternative di governo; – la guerra non aveva risolto o aveva aggravato alcuni problemi nazionali (irredentismo e presenza di forti minoranze d'altra nazionalità soprattutto) e coloniali, provocando una tensione nazionalistica e il sorgere di tendenze revisionistiche rispetto all'assetto europeo stabilito con i trattati di Versailles, del Trianon, di Saint- Germain, ecc. Il fascismo si affermò attraverso: – una concezione della politica e più in genere della vita di tipo mistico, fondata sul primato dell'attivismo irrazionale (fiducia nell'azione diretta e risolutrice) e sul disprezzo dell'individuo ordinario a cui era contrapposta l'esaltazione della collettività nazionale e delle personalità straordinarie (élite e superuomo), dalla quale discendeva il mito – essenziale nel fascismo – del capo (per il suo significato psicologico e politico di massa cfr. D. Krech-R.S. Crutchfield, Théorie et problèmes de psychologie sociale, Paris 1952, II, pp. 568 ss.); – un regime politico di massa (nel senso di una mobilitazione continua delle masse e di un rapporto diretto capo-massa, senza intermediari) fondato sul sistema del partito unico e della milizia di partito e realizzato attraverso un regime di polizia e un controllo di tutte le fonti di informazione e di propaganda; – un rivoluzionarismo verbale e un conservatorismo sostanziale, mitigato da una serie di concessioni sociali di tipo assistenziale; – il tentativo di creare una nuova classe dirigente, espressione del partito e, attraverso di esso, soprattutto della piccola e media borghesia; – la creazione e la valorizzazione di un forte apparato militare; – un regime economico privatistico, caratterizzato da una tendenza all'espansione dell'iniziativa pubblica, al passaggio della direzione economica dai capitalisti e dagli imprenditori agli alti funzionari dello Stato e al controllo delle grandi linee della politica economica, nonché dall'assunzione da parte dello Stato del ruolo di mediatore nelle controversie di lavoro (corporativismo) e da indirizzo autarchico. (...) Fondati a Milano il 23 marzo 1919 da B. Mussolini, i Fasci di combattimento ebbero all'inizio una caratterizzazione di sinistra. (Brani tratti dall'appendice «Fascismo e fascismi»)