Il fascino irresistibile del Cuore dell'Oceano

Unodio nato sulla superficie dell'oceano vista come un confine, la frontiera, invalicabile per l'uomo, verso l'immensità del mondo sommerso. E certamente quell'odio maniacale del capitano della baleniera Pequod verso Moby Dick non era solo perché il cetaceo, in uno degli scontri tra i due, gli aveva mangiato una gamba. Ma soprattutto perché la bestia, al contrario del claudicante e folle Achab, viveva in un mondo di libertà immensa: il mondo delle profondità marine. Quelle profondità da Melville a Jules Verne hanno da sempre esercitato sull'uomo un fascino irresistibile. Tanto che ch'è chi non si è accontentato di percorrerle solo con la fantasia. James Cameron, il celebre regista canadese di «Titanic» è il primo uomo ad essere sceso «in solitaria» su un batiscafo fino al fondo delle Fossa delle Marianne, nell'Oceano Pacifico, il punto più profondo al mondo con i suoi 10.898 metri. La Fossa delle Marianne, il posto più inospitale del mondo, è una frattura sul fondo dell'oceano lunga 2.550 chilometri, nella quale potrebbe comodamente sprofondare il Monte Everest, alto «solo» 8.850 metri. Il regista ha compiuto la discesa, durata cinque ore, a bordo del «Deepsea Challenger», un mini-sottomarino verde a forma di siluro lungo sette metri e fabbricato in collaborazione con il National Geographic appositamente per questa impresa. Il mezzo è in grado di scendere a una velocità di 150 metri al minuto e di resistere a una pressione di oltre 1,2 tonnellate per centimetro quadrato. «Sono appena arrivato nel punto più profondo dell'oceano - ha dichiarato Cameron via Twitter dalla Fossa delle Marianne - toccare il fondo non è mai stato così bello - ha aggiunto con un pizzico di umorismo - Non vedo l'ora di condividere con voi ciò che vedo». Avventura a parte sull'impresa di Cameron verrà realizzato un documentario in 3d. Il regista ha trascorso sul fondo circa tre ore, invece delle circa sei previste. In pratica quanto ha impiegato per scendere, vale a dire due ore e 36 minuti. Ciò a causa di problemi al sistema idraulico del sommergibile monoposto, che hanno consigliato di velocizzare i tempi. Cameron ha raccolto campioni per la ricerca nei campi della biologia marina, della microbiologia, della astrobiologia, della geologia e della geofisica, hanno spiegato dallo staff di supporto, coadiuvato dalla National Geographic Society. Ovviamente ha fatto moltissime foto e ha girato alcune scene in 3d. Poi la risalita, durata 70 minuti, «più veloce del previsto», ha commentato il suo team. Il batiscafo del regista è riemerso l'altra notte alle 4 del mattino, ora italiana, a 500 chilometri a sud-ovest dell'isola americana di Guam, a metà strada fra Australia e Giappone. Ad aspettarlo in superficie c'erano le navi di ricerca «Mermaid Sapphire» e «Barakuda». La spedizione è il frutto di preparativi durati ben otto anni. Nei giorni scorsi, il Deepsea Challenger aveva già raggiunto il fondale senza pilota per un'immersione di prova. «È un posto molto lunare, molto desolato - ha poi raccontato Cameron al ritorno in superficie - molto isolato. Mi sono sentito come se nello spazio di un giorno fossi andato su un altro pianeta e fossi tornato indietro. È un mondo assolutamente uniforme, del tutto alieno». E ancora: «Precipitare nel baratro spalancato dell'oceano, attraverso l'oscurità, è un qualcosa che un robot non è in grado di descrivere». Chissà cosa avrebbero detto Herman Melville e Jules Verne se fossero stati con lui. Primo a raggiungere il fondo della Fossa delle Marianne «in solitario», Cameron è stato però preceduto laggiù ben 52 ani fa, dallo scienziato svizzero Auguste Piccard e dall'ufficiale della marina statunitense Don Walsh, a bordo del Batiscafo «Trieste», realizzato in Italia. Allora i due temerari (erano altri tempi, l'impresa fu molto più pericolosa) non riuscirono però a vedere molto, poiché giungendo sul fondo, il loro mini-sommergibile sollevò una nuvola di sabbia che non si dissolse nei circa 20 minuti che trascorsero laggiù prima di iniziare la risalita. «Dalla mia prospettiva, è stato il culmine di un sogno lungo una vita», ha detto James Cameron, esprimendo la speranza di poter coniugare anche in futuro il proprio amore per la ricerca oceanica con il lavoro nel cinema. «Spero di non dover scegliere tra le due cose, e di poterle compiere entrambe parallelamente», ha detto il papà di «Titanic», «Avatar» e del profetico «Abyss». Così il sogno dei romanzieri di avventure dell'Ottocento risulta realizzato: quello di esplorare le profondità degli abissi marini.