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Favino e Mastandrea, due splendidi attori a confronto

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Il"romanzo" è il modo con cui gli sceneggiatori Stefano Rulli e Sandro Petraglia, con il regista Marco Tullio Giordana hanno riletto, documentatissimi, quegli avvenimenti terribili e i giorni che li seguirono cercando sempre la verità, in alcuni punti controversi interpretandola con attente analisi dei fatti e con intuizioni soprattutto dettate dalle proprie coscienze civili, le definitive certezze, dopo tanti anni, la Giustizia non essendo ancora riuscita a darcele (si vedano i titoli di coda). Da lodare subito la costruzione della storia, sempre con capitoli brevi sapientemente alternati fra loro in modo da precisare l'evoluzione dei personaggi e il concatenarsi dei momenti pubblici e privati. Con la possibilità di arrivare, in certi episodi, ad una tensione che diventa suspense e, in altri, a delle cronache in cui hanno spazi fecondi qua occasioni come dal vero, con figure storiche al centro, là interni familiari destinati a chiarire ulteriormente le fisionomie dei due protagonisti, l'anarchico non violento Giuseppe Pinelli, il commissario di Pubblica Sicurezza Luigi Calabresi. L'avvio, dopo alcune pagine infiammate, tese a fare il punto su quell'"autunno caldo", le pagine della strage, ricreate dalla regia partecipe di Giordana, con accenti di realismo duro. Le segue uno dei passaggi più sconvolgenti di tutta l'azione, l'interrogatorio per più versi spietato subìto da Pinelli che, a un certo punto, vedremo misteriosamente cadere da una finestra della Questura. Le versioni "ufficiali" subito fornite, pur scagionando Calabresi, che effettivamente in quella stanza non c'era, gli lasciano attorno tali sospetti, se pure ingiusti, da ritrovarlo presto assassinato da quelli di "Lotta Continua"… È l'ultima pagina, sobria, addirittura asciutta, ma non per questo meno straziante. A conclusione di un dramma di cui Rulli, Petraglia e Giordana riescono a tenere le fila con talento sicuro. Convincendo, ma anche - è il risultato più diretto di tutto il film - suscitando in chi lo vede una terribile angoscia, frutto, in quanti non sapevano, o ancora non c'erano, di una tragica domanda, "Possibile che fossimo così?" Valerio Mastandrea come Calabresi, Pierfrancesco Favino come Pinelli sono i due splendidi protagonisti. Li affiancano con efficacia altri interpreti noti, in mezzo ai quali Fabrizio Gifuni ripropone un Aldo Moro che quasi ce lo restituisce di persona. Commuovendoci.

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