Rocco Papaleo «Il futuro si chiama commedia slow»
RoccoPapaleo non si ferma più e dopo l'exploit all'ultimo festival di Sanremo dà libero sfogo anche alla sua passione per le sette note. È appena uscito il secondo album di canzoni intitolato «La mia parte imperfetta», di cui parlerà anche nel corso di «Panariello non esiste», lo show di Canale 5 in onda stasera. Sarà ospite accanto a Claudio Baglioni, che duetterà col figlio Giovanni, Martina Stella, Massimo Ranieri e Giuliano Sangiorgi. Mille trasformazioni a cavallo tra grande schermo e canzoni. Ma qual è il vero Papaleo? Spero di essere io in tutte le salse. Le mie passioni dialogano tra loro in un processo di osmosi. Quando canto recito un po' e quando recito canto un po'. Ma in ogni caso resto sempre io. Stasera sarà ospite nella trasmissione di Giorgio Panariello. Cosa sta preparando per il pubblico di Canale 5? Faremo un omaggio a «Frankenstein junior» con un numero musicale. E poi duetterò con Giorgio Panariello in una sorta di confronto di comicità. Lei che ha sperimentato entrambi, che differenza c'è tra il cabaret fatto a teatro e quello della televisione? Mi sono reso conto di una cosa. Che la gente è stufa di tutta questa velocità e ha bisogno di un po' di relax anche sul piccolo schermo. Per questo il mio modo di scherzare è più rarefatto e rilassato come in una «slow comedy». A pensarci bene, anche nel mio film si andava a piedi. Ha lavorato con tantissimi registi, dalla Archibugi a Pieraccioni, da Virzì a Veronesi. A chi deve di più? Direi Pieraccioni, se non altro perché con lui ho fatto sei film. Con Leonardo c'è un rapporto un po' speciale. Oggi, però, ho il rimpianto di non aver potuto lavorare con alcuni grandi registi del passato come Vittorio De Sica e Mario Monicelli. A proposito, non le bastavano le parti da protagonista. Come le è venuto in mente di mettersi dietro la macchina da presa per «Basilicata coast to coast»? Ho visto che davanti la situazione era troppo affollata. No, scherzo. Era un'idea che mi frullava in testa già da un po'. E poi avevo una storia da raccontare. Prima o poi quasi tutti gli attori hanno voglia di esprimere il proprio punto di vista rispetto alla messa in scena. Ma una cosa non esclude l'altra. Cosa le è rimasto dell'esperienza di Sanremo? Una tremenda gastrite. È stato molto stressante ma anche un'esperienza formativa. Per certi versi mi ha addirittura esaltato. Mi ha spinto a cercare un contatto con l'autenticità. Ho dovuto fare uno sforzo enorme perché, dopo la prima sera, si andava a braccio ma mi ha arricchito. Lo rifarebbe Sanremo? Se me lo chiedessero oggi risponderei di no ma...mai dire mai. A cos'altro sta lavorando in questo momento? A fine agosto inizierò le riprese per il mio nuovo film da regista. Si intitola «Una piccola impresa meridionale» e parla di un gruppo di persone che vivono in un faro in disuso. Decidono di ristrutturarlo e mentre lo fanno ristrutturano se stessi. Quello che si aspetta di più da questo lavoro sono proprio io. Sono arrivato al secondo film e non posso più contare sulla fortuna del principiante.