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Pino Daniele «Finalmente sono libero»

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PinoDaniele ci pone la sua domanda retorica perché non ha dubbi: festeggiare il compleanno con la pubblicazione del nuovo album non ha prezzo. Soprattutto se si tratta della prima uscita della sua nuova casa discografica indipendente. Così nasce «La grande madre», undici brani a cavallo tra canzone d'autore e world music, con l'accompagnamento di fuoriclasse della musica internazionale. Pino Daniele, perché ha scelto di abbandonare le major? Ero stanco di lavorare per gli altri. Le major vogliono sempre mettere bocca sul senso artistico. D'ora in poi voglio sentirmi libero di realizzare quello che voglio. È un po' come investire su se stessi. La pubblicazione dell'album coincide col suo compleanno numero 57. Cosa pensa dei colleghi che a 60 anni fanno un passo indietro? Non li capisco proprio. Per il momento vado avanti sulla mia strada. Ho un quintetto di musicisti eccezionali col quale suoneremo in giro per il mondo. Qual è «La grande madre» di cui parla nel titolo dell'album? È la terra intesa come generatrice di vita. Per me è un po' come tornare al tema del mio primo disco «Terra mia». C'è anche un richiamo animista alle forze della natura. In tanti non si accorgono che sono proprio le cose semplici ad aiutarci di più. In tasca non ho verità da rivelare ma la mia coscienza ambientale mi spinge a cercare di salvare quello che resta. Il cd è in una confezione elegante arricchita perfino dagli spartiti delle canzoni. Cos'è? Nostalgia del passato? Nella crisi dell'industria discografica ho voluto fare qualcosa di diverso. Voglio offrire al pubblico qualcosa che non c'è più. Il primo singolo tratto dal nuovo lavoro è «Melodramma». Perché nel libretto ha deciso di illustrarlo con una foto di Pavarotti? L'incontro con Luciano è stato determinante per me. Conoscerlo mi ha avvicinato alla musica classica. Se fosse ancora vivo, su questo brano avremmo duettato. Mi piacerebbe tanto essere il prosecutore della gloriosa tradizione del melodramma. Tra le nuove tracce c'è anche «Wonderful tonight», cover di un pezzo di Eric Clapton. Cosa ricorda del vostro recente duetto sul palco di Chicago? Suonare con lui è stata un'esperienza meravigliosa e incontrare certi personaggi, in qualche modo, ti cambia la vita. Non riuscivo a cantare la canzone in inglese e così ho deciso di scrivere un testo in italiano. In «'O fra» si parla di napoletanità. Quella che c'è o quella di cui sente la mancanza? Parlo della nostalgia di periodi fertili per la musica napoletana che, però, oggi non devono essere riproposti tali e quali. Non avrebbe senso. Bisogna guardare avanti. Cosa si può fare per la musica in generale e per quella napoletana in particolare? Le istituzioni dovrebbero essere più vicine ai musicisti. Gli artisti ci sono ma bisognerebbe tornare ai vecchi talent scout, valorizzando il nostro patrimonio.

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