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di Laura Cervellione Contro il senso comune la Sicilia.

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Ne«I quattro canti di Palermo» un giovane giornalista è il centro animatore dal paradosso siciliano. Adrenalina pura nel farsi sbattere da un caso di nera all'altro. Rispondere al telefono, sigarette e chiavi della Vespa, di corsa sul posto, scrivere, poi tornare a casa. Svuotati. Per strada gli strilloni, «Quanti nni murieru!», quanti ne sono morti. Sono gli efferati anni'80, la seconda guerra di mafia si lascia dietro colate di piombo e sangue. L'autore, Giuseppe Di Piazza, da ex giornalista del «L'Ora» quei tempi li conosce bene, il libro batte quei marciapiedi dove caddero Dalla Chiesa, La Torre, Mattarella e troppi altri, fino a Capaci e via D'Amelio. Nel suo appartamento, tutti altri pensieri, donne principalmente, lui è dongiovannesco, seriale nella sua caccia, talvolta si ferma più a lungo su di un fiore ma sono passioni stanche, gomitoli di dolcezza per il riposo del reporter-guerriero. L'unica che lo stimola rivela poi un suo lato perturbante e allora è presto scaricata, perché inutile rompercisi la testa, non è tempo di sfide. L'altalena tra tensione e tristezza di una volontà giovane è il fil rouge delle quattro storie. Gli individui non esistono, l'ambizione è sconfitta, le vite schiacciate se tracimano su sentieri accidentati. La gente è ammazzata e le auto neanche rallentano. È la darkside of the moon dell'assolata Sicilia, dove tiranneggia Cosa Nostra. C'è però il sollievo. La musica. Pink Floyd, Emerson Lake e Palmer, e poi David Bowie e Cat Stevens. Accompagnano amori e cene amicali. Sono baluardi o forse solo pause concesse ai nervi, per non perdere la trebisonda. Là fuori, un uomo che confessa d'aver «dovuto» uccidere i suoi tre figli. O una giovane che vuole la verità sul padre decapitato, ma solo per riparare l'onore. Il libro immalinconisce. L'intelligenza capitola per impotenza, la speranza dei palermitani onesti muore. Ed essere cronista è solo essere spettatori di un arbitrio. «C'è una vittima, c'è un carnefice. E non c'è stata giustizia.»

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