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Berlinguer e «La consapevolezza del futuro»

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Oggiche il testo di quel colloquio è stato ripubblicato «La consapevolezza del futuro. L'intervista sul 1984» (Aliberti, pp. 59, euro 6,50), non possiamo che restare sorpresi dall'apertura mentale e dalla capacità di guardare all'avvenire del leader comunista. A differenza dei suoi compagni di partito, per quanto ingabbiato nell'ortodossia marxista, Berlinguer mostrava una consapevolezza della quale il suo stesso mondo non ne avvertiva la portata sulla rivoluzione tecnologica in corso che avrebbe avuto riflessi decisivi sulla politica e sulla evoluzione delle relazioni sociali. I regressisti del suo tempo, i cui epigoni non mancano tra i post-comunisti di oggi, non si avvedevano che l'irruzione del computer apriva nuove frontiere. Lui, per quanto ideologicamente ostinato nel tenersi avvinto ad un mondo di relazioni industriali superato dalla storia e destinato alla sconfitta, come fu chiaro dall'esito del braccio di ferro sulla scala mobile, era per altri versi convinto di dover dimostrare di non essere preda della "sindrome dell'arroccamento". Ed approfittò della eccentrica occasione che Adornato gli offriva per testimoniare che si poteva essere comunisti stando al passo con i tempi. Che poi i fatti si siano incaricati di smentirlo è un altro discorso. Ma sarebbe offensivo non riconoscergli l'intelligenza nel far capire alla sua gente che non era il caso di aver paura del cambio di civiltà che la tecnologia stava preparando. "Su questa questione - disse biasimando i ritardi del suo partito e della cultura - l'Italia si gioca la sua appartenenza all'area dei Paesi industrializzati". Aveva ragione. Ma non ebbe il tempo di sviluppare la sua diagnosi in un ampio disegno politico. Resta questa testimonianza ad asseverare, tra l'altro, che un tempo il Parlamento era "abitato" da politici colti, curiosi, penetranti: veri giganti al confronto degli attuali inquilini del Palazzo.

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