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Amore e Psiche il mito più italiano

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L'eterna giovinezza della favola di Apuleio affascinò gli antichi, gli umanisti, i neoclassici

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Ilfiato si fa corto sulla rampa elicoidale del monumento che fu maestosa tomba, fortezza e carcere. Ma poi, ecco l'empireo nel cortile dell'Angelo, sullo sfondo dei merli. La Sala Paolina s'illumina di grazia, celeste e terrena. Danzano amorini, fanciulle, dei e ghirlande. Cento capolavori raccontano la favola di Amore e Psiche, trasmigrata dalla latinità manieristica di Lucio Apuleio ai fasti del Rinascimento romano. E da questi al gusto per il fantastico del Seicento. Per finire nel vagheggiamento idealistico e romantico operato dal neoclassicismo. Sacro e profano si sovrappongono nella poetica vicenda narrata nell'Asino d'oro. Psiche è una fanciulla bellissima. Troppo, sicché Venere ne è gelosa. Se ne innammora Cupido e anche Amore, una volta che la giovane, superate terribili prove, raggiunge l'Olimpo. Propp, lo strutturalista autore del fondamentale «Morfologia della fiaba», individuerebbe in questo plot le matrici di tante altre storie per ragazzi. Biancaneve, per esempio, per l'indivia di una matura bella nei confronti della bella più giovane. In più, l'avventura di Psiche si piega al significato del suo nome: anima, soffio vitale. Che anela alla trascendenza e vuole volare sopra gli affanni terreni. Ecco perché c'è carne e spirito in questo mito. Gli antichi erano affascinati dalle pene di cuore di Amore e Psiche. Ma il Rinascimento, nutrito ai valori civili, vi vide il simbolo del vincolo matrimoniale. Anche la Chiesa si appropriò della favola pagana. Papa Paolo III Farnese diede incarico a Perin del Vaga di affrescare nel fregio delle sue stanze a Castel Sant'Angelo oprio la liaison inventata dall'autore latino. Psiche è lo spirito che ascende al cielo. Quasi dantesca Beatrice. Proprio il restauro dell'affresco pontificio ha dato il là alla rassegna che si apre oggi, curata da Maria Grazia Bernardini, direttore del Museo di Castel Sant'Angelo. Ma le raffigurazioni fastose trovano altra rispondenza nella Roma rinascimentale. Nella Loggia di Villa Farnesina, affrescata da Raffaello: un ciclo voluto dal ricco banchiere Agostino Chigi, proprietario della dimora alla Lungara, per celebrare le sue nozze. Amore e Psiche vi figurano sposi al banchetto, contornati da simboli di prosperità. in mostra ci sono due disegni dell'Urbinate, in preparazione della Loggia. Ma la coppia innamorata è nel gruppo proveniente dagli Uffizi e in quello prestato dai Musei Capitolini. È in terracotte, anelli, amuleti giunti da musei italiani, greci e dal Louvre: in questo caso ad approfondire il lato magico e misterioro di Psiche, con la leggenda della lampada, con l'attrazione che provoca l'amore che rapisce e conduce fuori di sè («Psiche scopre Amore» il titolo di quattro quadri tra Cinque e Settecento ora esposto, tra i quali uno di Jacopo Zucchi e un altro di Giuseppe Maria Crespi). Il sogno neoclassico di perfezione perduta è tra gli altri in Giacomo Canova. Ecco un gesso e una terracotta dal museo di Possagno. Ed ecco il molle «Cupido che rianima Psiche svenuta» di Bertel Thorvaldsen. «Come a nozze di morte, vesti la tua fanciulla ed esponila, o re, su un'alta cima brulla», il decadente presagio di Apuleio. Il rimpianto ci nutre.

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