È morto il maestro francese del fumetto. Aveva 73 anni Dal suo pennello il western europeo e tanta fantascienza
inpratica dei «mostri sacri». Questo è quello che è accaduto negli anni Sessanta ad un giovanotto di Nogent-sur-Marne, a un passo da Parigi, che, non ancora trentenne creò il fumetto western «Blueberry». Quel giovane si chiamava Jean Giraud, ma, un po' insofferente a regole e schematizzazioni, a seconda di quello che disegnava, si firmava anche con il nome, divenuto mitico, di Moebius o anche, semplicemente, Gir. Jean Henri Gaston Giraud, questo era il suo vero nome, si è spento ieri a Parigi dopo aver lottato a lungo contro la malattia. Avrebbe compiuto 74 anni il prossimo maggio. Era uno dei più importanti disegnatori di fumetti al mondo: con il suo tratto classico, eppure fortemente innovativo, ha messo il fantastico nello scaffale dei fumetti importanti e impegnati. Il «suo» fantastico era prima di tutto surreale, allegorico, allusivo e più parente della pittura di Salvador Dalí e della letteratura di Dino Buzzati che dei marziani e dei robot che, dagli Stati Uniti, avevano invaso l'Europa tra gli anni '50 e '60. Fu studente attento, gettando solidissime basi pittoriche, dell'Ecole des Art appliquees. Anatomia, prospettiva, panneggio: Jean Giraud partiva dal «classico» per la sua personale rivoluzione. A soli 18 anni iniziò a disegnare la prima striscia a fumetti: «Frank e Jeremie», per la rivista «Far West». Adorava il western e, nel campo del fumetto, fece ciò che Sergio Leone stava facendo in quello del cinema: «europeizzò» il genere. Negli anni Sessanta, insieme allo scrittore belga Jean Michel Charlier, diede vita a uno dei suoi personaggi più noti, il tenente Blueberry. Un classico del fumetto western che non lascerà più tutta la vita. Alla morte di Charlier, nell'89, Giraud iniziò a scriversi da solo i testi. Ma Blueberry cominciò presto ad andargli stretto: così nacque lo pseudonimo «Moebius», usato per la prima volta nel 1963, quando Giraud iniziò a disegnare per la rivista satirica Hara-Kiri. Nome che riapparve poi nel '74, quando assieme a Philippe Druillet, Jean-Pierre Dionnet e Bernard Farkas fondò un gruppo che sarebbe diventato un faro e un mito nell'universo del fumetto mondiale: «Les Humanoïdes Associés». Gli «umanoidi associati» nel 1975 iniziarono a pubblicare la rivoluzionaria rivista «Métal Hurlant», un trimestrale che raccoglieva il meglio della produzione fantastica a fumetti. Su queste pagine apparirà il misterioso cavaliere sullo pterodattilo: Arzach che, protagonista di avventure metafisiche, sarà poi il suo «marchio di fabbrica». Giraud, negli anni, con una rigorosissima tecnica classica, ma con idee assolutamente innovative, ha disegnato di tutto. Il maestro francese abbozzava le sue tavole su fogli bianchi di cartoncino, con una matita molto chiara. Poi, quando si era creato una traccia, «ripassava» le figure con l'inchiostro di china nero, a pennello, creando il suo famoso tratteggio. Quando la china era ben asciutta con la gomma cancellava i segni a matita e poi, eventualmente, applicava il colore ad acquerello. E il gioco era fatto. Giraud ha collaborato con lo scrittore e regista Alessandro Jodorowsky, con il cartoonist giapponese Hayao Miyazaki. Poi, cosa rara per un francese, diciamo anche unica, ha disegnato un supereroe americano: Silver Surfer. Giraud ha creato mondi fantastici e fantascientifici, ma è stato anche un maestro del western e di molto altro. Ha unito oriente e occidente, nord e sud sotto una bandiera artistica piantata in Francia, ma che ha sventolato su tutto il mondo. Lo Stato francese gli aveva assegnato numerosi premi e riconoscimenti: nell'85 l'allora ministro della Cultura Jack Lang lo aveva incoronato «Miglior artista delle arti grafiche». Il presidente Francois Mitterrand in persona gli conferì l'Ordine delle arti e delle lettere; le Poste francesi dedicarono a lui un francobollo celebrativo.