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di Giovanni Antonucci I futuristi, dopo quello spettacolo, mi hanno messo sugli altari...

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Unodi loro ha scritto in un libro su di me: “Petrolini è oggi l'unico attore che possa interpretare il grande dramma moderno dell'umanità nuova, perché è l'unico attore italiano che abbia il coraggio di mettersi contro i gusti del pubblico e abbia la forza di piegarlo, perché è l'unico attore italiano che ammetta ogni audacia ed accetti ogni innovazione scenica, perché è l'unico attore italiano realmente giovane, che abbia temperamento e sensibilità nuove, perché l'unico attore italiano capace di proiettare l'essenza della vita moderna, tumultuosa, colorata, grottesca, pazza, allegra e disperata”. Che esagerati ‘sti futuristi! Non credevo mica di aver fatto tutto questo! Io voglio solo far ridere la gente, prendendola in giro e sorprendendola sempre. Io sono un attore imprevedibile perché il teatro, quando è vero, è sempre imprevedibile. È qualcosa che entra dentro il pubblico, che lo spiazza... Io, in quei momenti, entro dentro gli spettatori con qualunque mezzo... un'allusione, una smorfia, un fischietto, una falsa intonazione, una battuta ironica, qualche volta una malignità... È ciò che ho fatto anche alla prima di Nerone, la mia commedia più applaudita... (con aria maliziosa) Chissà perché? Certo un Nerone così a teatro non s'era mai visto... Ove sono? Chi è questa plebaglia che m'osserva? Ma io dove mi trovo? Ciel, che veggio! La vista mia si abbaglia! È un mondo vecchio oppure è un mondo nuovo? Oh, per gli dei! Dal Palatino io sono risuscitato... però spiegarmi bene non saprei se qui venni oppure mi ci han mandato. Mi hanno tirato su ora col sarcofago! Ah, se gli avi miei fossero qui presenti, come rimarrebbero tumefatti... Oh, ignobile canaglia, degna della Suburra! Cosa facevate in mia assenza? Cospiravate forse contro la mia sacra persona? Che tempi! Che bell'epoca, quella del grande Ulisse che qual guerriero impavido sempre pugnando visse. I tempi che vantarono Omero e il Nasone... più giù cantò Virgilio e poi cantò Nerone, la solita canzone: – No, cara piccina, così non va. – Dove sono gli uomini prodi? Dov'è più Muzio, quel po' po' di Muzio? Mi hai detto niente: Muzio? Muzio Scevola, che ardito l'Etrusco uccise e il membro suo sì forte, lo mise al fuoco e lo lasciò arrostire, con ghigno duro e disprezzò la morte? Dove sono più quei tre Orazi e Curiazi che si sfidarono a singolar tenzone? E Orazio Coclite, che segò il ponte Sublicio, meritandosi fama di gran segatore? E Menelao? M'hai detto poco, Menelao! Me ne lao! Me ne lavo le mani... E Attilio Regolo che per regola tua e mia non l'abbiamo mai visto né conosciuto... Fu ruzzolato in una botte irta di chiodi... E Marco Catullo Vespasiano che dettò quella famosa epigrafe che ancor oggi potete leggere in tutti i civici giardini dell'Urbe: “È vietato condurre cani sciolti”... Io ho combattuto contro i galli, i polli, i cimbri, i timbri, i pachidermi. Io mi sono trovato quando Claudio sposò Lucrezia Borgia... e Galileo Galilei, per vendetta, andò a nozze con Messalina e Messalina disse: – Eppur si muove. – E Cornelia! Cornelia la madre dei Gracchi... un giorno le venne domandato: dove sono i tuoi gioielli? Ella prese per mano i suoi mocciosi bimbetti e baciandoli sulle calve testoline esclamò: i miei gioielli li ho portati al Monte di Pietà. Un critico ha scritto, recensendo Nerone, che sono un maestro della truccatura, che conosco l'arte di farmi la faccia da Nerone... Lo dicono anche tanti attori: quando l'attore è ben truccato mezzo personaggio è azzeccato. È una grande fesseria! Così sarebbero attori anche i pupazzi che fanno la reclame dei negozi di moda. La vera truccatura non si compra dal parrucchiere né si impara dal truccatore. Si compra nella vita di tutti i giorni e di tutte le notti. Verità! Verità! Bisogna recitare come se si vivesse. Sul palcoscenico bisogna amare, soffrire, godere, impazzire e rinsavire per davvero, se si vuole che il pubblico ami, soffra, goda e impazzisca. Le teorie e le scuole sono frescacce. Io recito a modo mio e questa è la mia truccatura. La notte, dopo la recita, vago per la città, studiando gli uomini e le donne che incontro. Li spoglio della loro anima, che spesso non conoscono e li rivesto a modo mio di stupidità, d'incoscienza, di poesia, di dolore. Certo anch'io uso una matita nera, il cerone, la plastilina per deformare il mio naso. Ma non sono questi i trucchi che bastano. Per fare un vecchio non serve truccarsi da vecchio. È assai più importante avere un'andatura da vecchio, la voce e lo sguardo di un vecchio. Il pubblico allora vede le rughe che non mi sono fatto con un tappo di sughero bruciato. Dopo Nerone m'hanno scoperto gli intellettuali, quelli che hanno studiato e sanno tutto... No, non parlo dei futuristi... loro mi hanno voluto bene subito, quando i critici storcevano la bocca e dicevano che ero un comico di varietà. Massimo Bontempelli è impazzito per me. M'ha proclamato addirittura ‘il più grande artista italiano contemporaneo'. Esagerato! Perfino più dei futuristi! A me - ve lo confesso - questi elogi mi fanno piacere perché sono uno che non ha studiato sui libri. La vita degli uomini la studio tutti i giorni e forse - scusate l'immodestia - la capisco più di tanti saputoni... Ma mi sa che son diventato troppo serio... E allora vi racconto un po' di fregnacce per farvi ridere... Almeno lo spero... La città più luminosa: Lucerna La città più rumorosa: Chiasso La città più potente: Potenza La città più dolce: Crema La città più ghiotta: Lecco La più religiosa: Monaco La città più verde: Prato La città che ha più figli: Madrid La città più fastidiosa: Mosca La città più veloce: Fiume La città più immobile: Fermo La città dei banchetti: Brindisi Vi ha piaciato? (...) I giornali, con le loro notizie involontariamente comiche, mi hanno dato l'occasione di far ridere il pubblico, senza sforzarmi troppo. Ve ne racconto qualcuna, riportata fedelmente dai quotidiani dell'epoca. Ve lo giuro. Una caduta mortale: «Domenica scorsa i coniugi Alfani sorbivano tranquillamente il caffè, sul balcone della loro abitazione, quando, in seguito ad un falso movimento, cadde la conversazione. Alcuni passanti la raccolsero esanime sul marciapiedi sottostante».

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