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di Mario Bernardi Guardi Se il diavolo si nasconde nei dettagli, quel diavolo di scrittore che è Alessandro Piperno («Inseparabili.

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351,euro 20) non si nasconde ma si rivela nei dettagli di una prosa in cui il piacere descrittivo indugia sui particolari, gioca con i personaggi, le parole e le parolacce, e si apre ai più svariati ammicchi letterari. Innegabile l'attenzione per Marcel Proust: Piperno («romano de Roma», di padre ebreo e madre cattolica) lo ha sottoposto ad accurato scandaglio al fine di illuminarne l'immagine di frequentatore di salotti, raffinato e lascivo, che soffre il tormento di una identità «divisa» (parigino, di padre cattolico e madre ebrea), cerca di reagire al sentimento della propria «inadeguatezza», insegue una difficile «appartenenza» («Proust antiebreo», Franco Angeli, 2000). Indubbia l'affinità elettiva con Charles Baudelaire: Piperno ne ha esplorato con originalità il versante dandy e quello politico-culturale, l'uno e l'altro all'insegna di un inquieto sprezzo aristocratico che vede il nostro «maudit» prendere le distanze da tutto, anche da se stesso, pur nella consapevolezza del proprio rango. E poi c'è un cosmopolita universo intellettuale ebraico, ci sono scrittori come Saul Bellow, Philip Roth, Mordechai Richler, che, «frequentando» l'anima e la carne, il sesso e la morte, il sangue e lo spirito, l'angoscia e l'umorismo feroce, ben figurano come ispirati «maiores». Il quarantenne Piperno, docente di letteratura francese a Tor Vergata, accolto dalla critica e dal pubblico, nel 2005, come una promessa («Con le peggiori intenzioni») e nel 2010 come una conferma («Persecuzione»), ha dunque nella mente e nel cuore un archivio di suggestioni, ma ha anche da raccontare un «suo» mondo, una «sua» famiglia. E cioè i Pontecorvo: alta borghesia ebraica, intellettuali, professionisti, imprenditori. Qui e adesso, ma anche con una ricca provvista di memorie, «scheletri» compresi. Ovvio che i tratti variegati e contraddittori dei personaggi siano condizione/occasione per una storia articolata in cui la commedia si intreccia al dramma, con tragedia e farsa che qua e là occhieggiano. Gli «inseparabili» sono anche gli «eroi» della storia: i due fratelli Pontecorvo, Filippo e Samuel (Semi). Il padre, Leo, un illustre cardiologo, si è trovato coinvolto in uno scandalo di natura sessuale (molestie a una minorenne), che si è abbattuto sull'immagine - solida e rispettabile - della famiglia. La madre, Rachel, ha contrastato con successo la deriva domestica, riprendendo gli studi di medicina, specializzandosi in geriatria e riconquistando, con la buona posizione, stabilità e decoro. E vive per i figli che ormai viaggiano per i quaranta ma che, non ci fosse lei ad assisterli col suo fattivo e provvido zelo, chissà che fine farebbero. Oddìo, non è che siano due sbandati. Anzi. Filippo, appassionato di fumetti, è stato baciato da fama e fortuna dacché un suo cartoon di denuncia sull'infanzia violata - «Erode e i suoi pargoli» - ha ottenuto a Cannes un grande successo e tutti hanno cominciato a invitarlo dappertutto. Semi, prima operatore finanziario presso la Citibank di New York, ha poi accettato l'offerta di un commerciante di cotone, Jacob Noterman, che lo ha preso a ben volere (perché è un bravo ragazzo ebreo, con una gran voglia di fare, e non assomiglia a quell'invertebrato di suo figlio, amico di frocetti e artistucoli) e lo ha scelto come socio di minoranza in una florida impresa cotoniera che fa affari con tutto il mondo. Però...però il geniale, creativo Filippo, nel suo autoironico narcisismo, è in buona sostanza un indolente, lassista, ipocondriaco, disincantato, per cui le sole cose veramente importanti sono i fumetti, ma disegnati per suo, esclusivo piacere, il sesso (nei cui confronti ha una vera e propria «fissa») e il cibo (è uno «chef» bravissimo). Però...però, il dinamico, intraprendente Semi, se «nei momenti di buona si sente un eroico globetrotter del ventunesimo secolo», in quelli di stanca «teme di essere la versione contemporanea di un commesso viaggiatore, solo leggermente meno patetico rispetto ai suoi precursori». Ma di aspetti patetici, con vista sul tragico, ce ne sono, eccome! Semi, che soffre di impotenza e che, per scaricarsi, pratica, con pesante senso di colpa, il «vizio solitario», sta per sposarsi - dopo quindici anni di «fidanzamento» - con Silvia che, come dire?, «sembra essersi adeguata ai ritmi e alle mancanze di un futuro marito ogni giorno più simile a un maledetto eunuco». Non solo impotente, non solo «eunuco», ma anche innamorato-corrisposto - di una bellissima e dolcissima ventenne, Ludovica, anche lei un tipo speciale anziché no per quel che riguarda il sesso. L'amore normale, manco a parlarne. Sì, invece, come Semi, all'autoerotismo. E alla «fellatio». Non con Semi, però, visto che lei non vuol tradire Marco, il fidanzato... E Filippo? Anche lui, nonostante il successo, anzi, proprio per colpa del successo, naviga in acque limacciose, dato che la moglie Anna - figlia di un miliardario, ex-ballerina cantante di «Non è la RAI» e attrice televisiva frustrata perché non le danno parti importanti - gli sta infliggendo (brutta bestia, l'invidia!), «il più drastico sciopero sessuale che il loro strambo matrimonio avesse mai conosciuto». La situazione è critica. E una crisi tira l'altra. Meno male che c'è mamma che vede. Potrà anche provvedere? E come?

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