di Paolo Zappitelli Hummus nel mondo arabo, farinata di ceci in Liguria, cecìna in Toscana, pasta e ceci a Roma.
Asdoganarli dall'etichetta di piatto povero e a farli approdare alla tavola dell'alta cucina – trasformandoli spesso, purtroppo, anche in un piatto modaiolo – ci ha pensato una decina di anni fa Fulvio Pierangelini del Gambero Rosso di San Vincenzo con la sua celebre passatina di ceci accompagnata, appunto, dai gamberi. Da allora i ceci sono tornati a popolare le nostre tavole, magari in ricette rivisitate. E questo, secondo i nutrizionisti, è un bene. Perché i ceci, come tutti i legumi sono un ottimo sostituto della carne senza però avere alcuni effetti nocivi che quest'ultima causa al nostro organismo. «Negli ultimi anni c'è stata una crescita abnorme di tumori al colon – spiega Ciro Vestita, nutrizionista e fitoterapeuta con uno studio a Roma – e questo proprio per il consumo eccessivo di carne. I ceci, invece, anche perché ricchi di fibre, non solo non lo provocano ma hanno anche un'azione di contrasto. E questo ormai è provato da tantissimi studi medici». Ma il nostro legume funziona anche come avversario imbattibile contro il colesterolo. Insomma se vi «sfiziate» con un piatto di pasta condita con il burro e non volete «farvi del male» mangiate subito dopo un po' di ceci. Il nostro intestino, infatti, assorbirà gli steroli vegetali che sono nei ceci ed espellerà il colesterolo «cattivo» del burro. E infine proteggono le donne dal tumore al seno. «Contengono fitoestrogeni – spiega ancora Ciro Vestita – i quali, a basso dosaggio, hanno proprio questa particolarità». Piatto povero dunque ma pieno di qualità. E soprattutto eclettico come pochi in cucina. I ceci si possono mangiare freschi, in insalata – e tra poco più di un mese inizieranno ad apparire nei banchi dei mercati romani – oppure secchi, dopo averli fatti «ammollare», e poi usati per farci una minestra, ad esempio con il baccalà, piatto tipico della Quaresima quando non si dovrebbe mangiare carne. Frullati e fatti a crema con un filo d'olio si accompagnano splendidamente al pesce – gamberi ma anche rana pescatrice – o anche mantenendoli più integri con cozze e vongole. Infine macinati danno una farina che in Liguria trasformano nella squisita farinata e in Toscana nella sfiziosa cecìna.