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I fantasmi di Verdone. Un sacco belli

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Il mondo di Carlo: genitori, nonni, fratelli, amici di famiglia nel libro appena uscito. Ex mogli e figli a intermittenza nel film

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Pavimentoa mattonelle granigliate anni '50, un nespoletto e un cespuglio di fragole tra i vasi allineati alla buona lungo la ringhiera. «In questa casa ci sto da cinquant'anni, qui fuori i ragazzini ci correvano in bicicletta», disse a «Il Tempo» Mario Verdone, lo storico del cinema e del teatro, in una delle sue ultime interviste. Già, i ragazzini. Allargò la mano a inseguire con la mente Carlo, Luca e Silvia, i suoi figli. La casa è quella di Lungotevere Vallati 2. «La casa sopra i portici», come titola ora Carlo Verdone in un libro autobiografico nato dal rimpianto di non poter più entrare nell'appartamento dove nacque e visse fino a quando si sposò. Raccontava ancora Verdone senior: «Per Carlo fare le voci era una mania. Vede in salotto quella porta riquadrata a vetri? Ne manca un angoletto. Una sera con mia moglie e alcuni amici improvvisavo scene teatrali. Era tardi, vedo da quel buco due occhietti neri. Di Carlo. E tu che ci fai qui, perché ti sei alzato dal letto? gli faccio severo. Risponde: "Mi piace, voglio recitare pure io". E che sai fare? I rumori". E quali? "Tutti, pure quello del cesso!". Era patito per le imitazioni. La zia di Siena il suo pezzo forte: "O' Mario, lo voi un caffettino, lo voi un brodino?" Quando morì mia madre, che abitava con noi, la fece grossa. La vecchietta zoppicava un po'. Una notte sentii in casa proprio quello stesso strano passo. Mi alzo col cuore in gola, apro la porta, quasi faccio un urlo. E lo ricaccio dentro: era mio figlio che arrancava in corridoio, proprio come la nonna». C'è questo e altro nel libro nostalgico di Carlo Verdone. Ci sono gli ospiti che bussavano al campanello di casa: Fellini, Pasolini, Bernstein. I ricordi si snodano toccando ogni stanza. Pubblichiamo le pagine dedicate dal regista «alla mia camera da letto». Li. Lom.

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