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I mondi imperfetti di Philip Dick

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La sua importanza compresa solo dopo la scomparsa Ha influenzato scrittori e registi di mezzo mondo

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Dick,morto che non aveva cinquantaquattro anni, proprio nel momento in cui stava raggiungendo la fama mondiale nella quale aveva sperato per tutta la vita. Un'esistenza afflitta da un'incubo che, fisso e incessante, lo tormentava: la perdita della sorella gemella, Jane. A lei lo scrittore statunitense, che ha ispirato film come «Blade Runner» e «Minority Report», si sentiva legatissimo, anche se non l'aveva mai conosciuta. Jane infatti morì poche settimane dopo la nascita. In occasione dei 30 anni dalla morte di Philip Kindred Dick l'editore Fanucci riporta in libreria i suoi trenta migliori romanzi di fantascienza in edizione tascabile ad un prezzo veramente interessante: sei euro e novanta. Ma Dick non scrisse solo di fantascienza: sarà pubblicato anche l'inedito «Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson». In questa collana per il trentennale dalla morte ci sarà ovviamente «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?», dal quale è stato tratto il film «Blade Runner», e poi «Le tre stimmate di Palmer Eldritch», «Tutti i racconti 1964-1981», «Tutti i racconti 1955-1963» e «Tutti i racconti 1947-1953» e tanti, tanti altri. Finalmente arriva in libreria una raccolta organica di uno scrittore capito solo dopo la sua scomparsa, che ha saputo ispirare, con la sua profonda umanità e le sue paure, registi e scrittori di mezzo mondo. Dick ha influito profondamente non solo sulla fantascienza, ma sulla narrativa nordamericana in generale; giunse alla fama al di fuori della fantascienza solo dopo che i diversi adattamenti cinematografici delle sue opere lo fecero conoscere a un pubblico più vasto. Definire le sue tematiche «fantascientifiche» è terribilmente limitativo. Quest'uomo triste ed addolorato, inseguito dai suoi fantasmi e a dall'incomprensione di suoi simili, era ossessionato dall'imperfezione, ma non vista come qualcosa di negativo, piuttosto come il segno distintivo dell'umanità. Dick ha contribuito alla costruzione e alla crescita dell'immagine letteraria degli Stati Uniti, sempre così avari di scrittori «profondi». La sua opera ha pari dignità di quella dei due «giganti» californiani: John Steinbeck e Raymond Chandler. Tanto ha avuto e tanto ha dato. Philip Dick ha anche spianando la strada alla produzione di autori come Jonathan Lethem e di altri visionari avantpop, come Steve Erickson. Dick è uno scrittore amato sopratutto dai registi che difficilmente, però, hanno riproposto le sue opere in modo perfettamente fedele. Ma questo è accaduto perché i racconti di quest'autore sono dei «suggerimenti», spesso brevissimi, come lo spalancarsi di una porta che permette la visione rapida e mozzafiato di universi sconosciuti, di attimi incredibili. «Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi, navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia»: con queste parole, in buona parte improvvisate dall'attore Rutger Hauer in «Blade Runner», si sintetizza la potenza dell'opera di Dick: poche pennellate che aprono la strada a misteri, sentimenti, nostalgie infinite. Philip Kindred Dick nacque a Chicago il 16 dicembre 1928. Nel 1955 arrivò il libreria il suo primo romanzo: «Lotteria dello spazio». Dick amava la fantascienza, ma in questa non ebbe mai molta fiducia. Durante un'esistenza segnata dalle difficoltà economiche, ha scritto indiscussi capolavori come: «La svastica sul sole», «Ma gli androidi sognano pecore elettriche?», da cui appunto è tratto «Blade Runner» di Ridley Scott. La sua notorietà è in pratica tutta dovuta agli adattamenti cinematografici, tra cui «Atto di forza» (1990), «Screamers – Urla dallo spazio» (1995), «Impostor» (2002), «Minority Report» (2002), «Paycheck» (2003) e «Un oscuro scrutare» (2006), «Ubik», del quale Michel Gondry ha annunciato che si occuperà dell'adattamento per il grande schermo. Ma gli scritti di Dick non sono solo fantascienza, come questo «Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson», nel quale Al Miller è un meccanico un po' irresponsabile che vede il suo sostentamento minacciato dalla decisione del suo capo, Jim Fergesson, di vendere l'officina nella quale lavora. C'è poi Chris Harman, proprietario di una casa discografica che per anni si è appoggiato a quell'officina per la manutenzione della sua auto. Quando Harman scopre dell'imminente pensionamento di Jim e della chiusura dell'officina, cerca di coinvolgerlo in una proposta commerciale: l'apertura di un nuovo garage nella vicina contea di Marin, proprio insieme ad Al Miller che, però, è convinto che Harman sia un truffatore… Pubblicato per la prima volta in Inghilterra nel 1986 e solo molto più tardi negli Stati Uniti (era il 2007), «Lo stravagante mondo di Mr. Fergesson» appartiene a un gruppo di romanzi non fantascientifici scritti da Philip K. Dick nella seconda parte degli anni '50, quando l'autore sperava ancora di affermarsi al di fuori del genere fantastico. Questo libro è una tragicommedia degli equivoci, ambientata nella baia di San Francisco alla fine degli anni '50. I protagonisti sono rivenditori di auto usate e agenti immobiliari, in bilico tra la paura della povertà e la voglia, condita di tanta speranza, di diventare ricchissimi. Un po' come la vita di Dick stesso che, questi sentimenti, li conosceva benissimo. Dick morì a Santa Ana, in California, il 2 marzo 1982 dopo diversi matrimoni tutti finiti malissimo. Era l'anno di «Blade Runner», che l'avrebbe reso famoso. Per sua espressa volontà fu seppellito accanto a Jane, la sorella gemella che non aveva mi conosciuto.

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