Ettore il centurione «Roma fa l'indifferente ma poi rispetta tutti»
Scola: i film vanno bene nonostante la crisi ma spesso la commedia diventa farsa
Dopo«Concorrenza sleale» (2001), nel 2003 ha realizzato «Gente di Roma», atto d'amore alla Capitale dove è cresciuto e ha studiato (anche se è nato in provincia di Avellino). Ieri, a Roma, ha presentato la prima edizione del Premio Laura Betti dedicato alla migliore interpretazione, premio di cui è presidente. Scola, lei che è stato presidente della giuria al Festival di Roma, come ha vissuto l'ultima querelle tra istituzioni? «È stato molto fastidioso, sarebbe stato meglio se non ci fosse stato nulla di tutto ciò. L'ingerenza dei politici, che dovrebbero occuparsi di tutt'altro, è stata piuttosto imbarazzante, hanno usato il loro potere con autorità e ingiustizia». Divisione nei festival come politica: ultimamente la sinistra sta diventando un campione di litigi e baruffe, che ne pensa? «Si parla sempre delle stesse cose, sono luoghi comuni. Ma la banalità è dannosa, tanto che sarei quasi tentato a spezzare questo luogo comune dicendo che non è vero nulla. Invece è vero che la sinistra litiga e non ha proposte, però non possiamo lamentarci sempre, come fanno i tassisti. In realtà tutto fa capo al nostro essere italiani, al nostro Dna, alla nostra mentalità: dare colpa agli altri non mi è mai piaciuto. Il fatto è che noi italiani siamo fatti così e ci lamentiamo perché i politici non riescono a mettersi d'accordo. Senza capire che spetta a noi cittadini mettersi d'accordo e fare le scelte giuste per il bene comune». Qual è lo stato del cinema? «Sarebbe mafioso se andasse a gonfie vele in un Paese dove ogni settore è in crisi. Noi eravamo i figli e gli eredi del Neorealismo che aveva cambiato il modo di raccontare, non soltanto nel cinema Ma si difende bene, il pubblico lo sostiene meglio che in altri Paesi anche se con qualche variazione in più o in meno secondo le stagioni. La commedia all'italiana, invece, si è occupata più della dimensione di gioco, di divertimento, mantenendo quelli che erano gli impegni del Neorealismo cioè raccontare un paese devastato, disastrato ma che andava amato e che bisognava ricostruire. Oggi i giovani si guardano molto allo specchio più che stare alla finestra e senza questa intuizione si arriva alla farsa. La farsa si fa, si farà sempre, è un genere nobile ma non c'entra niente con la commedia all'italiana». E la scelta dell'Oscar a «The Artist» l'ha condivisa? «Non mi è piaciuto molto quel film muto e in bianco e nero, è per cinefili e io non sono un cinefilo». Questo premio Laura Betti che presiede è dedicato agli attori: quali sono oggi i migliori? «Sono tanti quelli bravi e sono curioso di vedere i film e le loro interpretazioni per decidere con la giuria chi premiare. Riguardo agli attori, io ho sempre cercato di stravolgerli: il latin lover Mastroianni l'ho fatto diventare omosessuale, la sensuale Loren l'ho trasformata in una casalinga impacciata e persino Gassman ne "La famiglia" era un timido ». Tra i registi chi preferisce? «Sono molti gli autori bravi, da Sorrentino a Vicari, da Giordana a Risi e chissà quanti altri nomi dimentico. Sono felice per la vittoria a Berlino dei Taviani, grandi autori che sanno sempre sperimentare». Ha qualche progetto nel cassetto? «Nessuno, ho smesso di fare cinema perché ho troppo rispetto per il tempo e il tempo è sempre più corto. Smisi di fare il giornalista che è un mestiere orrendo per fare cinema. Ora leggo, mi riposo e studio». Cosa in particolare? «Amo i saggi, la Storia degli antichi greci e degli antichi romani. Leggo Plutarco che è fonte inesauribile e Cicerone che scrive cose attualissime». Come vive in una Capitale caotica e piena di disservizi? «Questo è un altro luogo comune. Cambiano le amministrazioni e può accadere che una sia meglio o peggio dell'altra. Ma Roma è sempre la stessa, ci sono disservizi, è vero, però sta sempre a noi cittadini farcene carico. A me il caos di Roma non dà affatto fastidio, è una delle sue caratteristiche: di fatto, Roma ha visto tanti passaggi di barbari, tante occupazioni di stranieri che è diventata insofferente, a tratti orgogliosa. Ma non intollerante né razzista. L'indifferenza dei romani è in realtà un segno di grande rispetto e comprensione verso gli altri».