Trionfa il francese che snobba gli Usa
Una cerimonia all'insegna del politically correct, quella dell'altra notte al Kodak Theatre di Los Angeles. Spesso noiosa e a tratti salvata da dalle numerose gag di Billy Crystral e delle star chiamate sul palco a premiare i vincitori. Come da vittoria annunciata «The Artist» di Hazanavicius (dal 20 aprile distribuito in Italia da Bim) ha stravinto conquistando 5 Oscar (miglior film, migliore regia, migliore attore protagonista, costumi e colonna sonora) scippando alla favola in 3D di Scorsese i premi più importanti. «Hugo Cabret» si è infatti accontentato di fotografia, mixaggio dei suoni, effetti speciali e, nota positiva per l'Italia, migliore scenografia, andata alla coppia Dante Ferretti e Francesca Lo Schiavo, nelle vesti di production designer e set decorator. Sconfitto invece Enrico Casarosa, nominato per il cortometraggio «La luna», a l quale è stato preferito «The fantastic flyng books of Mr. Morris Lessmore. Immancabile trionfo di Meryl Streep, giunta al suo terzo Oscar dopo ben 17 nomination, mentre come attrice non protagonista l'Oscar è andato a Octavia Spencer, nel ruolo della impulsiva donna di colore in «Help». Non protagonista è l'82enne Christopher Plummer per «Beginners», il più anziano attore della storia ad ottenere un Oscar, premio nato due anni prima della sua nascita. Applausi a raffica per l'attore vincitore di «The Artist» Jean Dujardin che, in meno di un anno è passato dalla Montee des Marches del Festival di Cannes al red carpet degli Oscar, ha fatto razzia di premi, oltre 12, accaparrandosi un poker: Palma d'oro, Golden Globe, Bafta e Oscar, battendo con nonchalance star come Brad Pitt e George Clooney, con il suo fisico atletico, un fascino retrò e un sorriso contagioso. Ma «non sarò mai un attore americano, non inventatevi niente - ha detto il divo francese ai giornalisti di Hollywood che gli chiedevano quanto desiderasse la carriera oltre Oceano - Se ci sarà qualche progetto da sviluppare, vedremo», ha tagliato corto l'attore che si presentava alla stampa come John of the Garden, traduzione maccheronica del proprio nome in lingua inglese e che ha poi confessato di aver vissuto una sorta di esperienza extra-corporea. Quando c'è stato l'annuncio della vittoria «mi è sembrato di lasciare il mio corpo, per 3 secondi è rimasto lì dov'era». «The Artist» è un vincitore storico, non solo della 84esima edizione: nell'anno dell'esplosione dei film in 3D e degli attori digitali, non si dimenticherà infatti un film muto e in bianco e nero, come quello che vinse solo un'altra volta, nella prima edizione degli Oscar del 1929, durata 15 minuti, il cui biglietto costava 5 dollari, come ha ricordato Dujardin alzando al cielo la sua statuetta. E poi questa è la prima pellicola, né americana né britannica, a ricevere l'Oscar per il miglior film: la Francia era sempre rimasta a margine dei premi, ma Dujiardin e Hazanavicius sono il primo attore e il primo regista francesi a ricevere il premio, visto che finora l'ambita statuetta era toccata solo alle dive d'Oltralpe, come Colbert, Signoret, Binoche e Cotillard. Tra tanto glamour, lascia però il segno anche la vittoria, meritata e con una forte valenza politica, del film straniero: l'Academy ha voluto premiare un film iraniano «A separation» di Asghar Farhadi che racconta il dramma dell'Iran integralista, «nemico» degli Usa. La politica è entrata ancora una volta nell'Oscar di «Saving Face», migliore cortometraggio documentario della giornalista pakistana Sharmen Obaid-Chinoy con Daniel Junge, sul lavoro di un chirurgo plastico anglo-pakistano che assiste gratuitamente le donne vittime di attacchi con l'acido.