L'ironia di Mezzaroma tra collage e serigrafie
Ormaifanno parte integrante della nostra vita e non possiamo staccarcene perché invadono le città, i computer, gli smartphone, i giornali, la tv, ecc. Ecco, questa iconosfera è il terreno di caccia preferito da un giovane artista come Stefano Mezzaroma, armato di ironia, leggerezza e spirito critico, ma anche di tanta sapienza grafica nell'usare tecniche miste che comprendono collage, serigrafia e interventi pittorici. Un artista appena ventisettenne ma già approdato al palcoscenico dell'ultima Biennale di Venezia, nel Padiglione Italia curato da Vittorio Sgarbi. E ora protagonista della mostra personale «No jokes please, we're italian» presentata da oggi al 15 marzo nella sede dell'Istituto italiano di cultura di Londra e curata da Serena Morton. Appassionato di cinema e di Pop Art, Mezzaroma attinge a piene mani alle locandine di film e all'onnipresente pubblicità, ironizzando sull'immagine scelta senza alcuna perfidia, attraverso scritte e giochi di parole che suggeriscono ogni volta una chiave di lettura sorprendente. In «Freddy Mercury Tribute» mette alla Regina i baffetti dell'ormai mitica star dei Queen e gioca sul doppio senso del «God save the Queen», alludendo sia alla sovrana che al celebre gruppo rock. Oppure l'immagine di Mao è abbinata al logo di Google e ci fa chiedere se entrambi rappresentino una dittatura, l'una politica e l'altra mediatica. Altrove, il marchio Microsoft viene associato all'ombra del tirannosauro nel film «Jurassik Park» di Spielberg e ci fa apparire quel logo ipertecnologico già superato e collocabile in un'epoca preistorica. Il perfido Darth Vader, simbolo del male nella saga di «Guerre Stellari», perde ogni potere intimidatorio stagliandosi sullo sfondo di tanti fiorellini fluorescenti. I volti cinici di Michael Douglas e Charlie Sheen nel film «Wall Street» recano in sovrimpressione il toro della Borsa americana, su uno sfondo tappezzato di mani insanguinate, a suggerire il bagno di sangue della finanza internazionale. Di grande impatto è poi l'opera con Mike Tyson in atto di sfidare se stesso, il suo più grande nemico, dietro al logo di Red Bull. Un'iconosfera personale trionfa infine nell'opera «My world», dove Mezzaroma sembra identificarsi nel simpatico ladro Lupin dei cartoni giapponesi, un ladro d'immagini fra Totti, il Joker maledetto di Heath Ledger, ma anche le mani di Dio e Adamo nella Creazione michelangiolesca, gli amorini di Raffaello e i Simpson. Un caleidoscopico blob dove tutto è possibile. Gabriele Simongini