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Il dopo Berlusconi di Vergassola è in un libro

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Comese la Juventus non avesse già abbastanza problemi». E ancora: «Terremoto nella Protezione civile. Bertolaso estratto ancora vivo da un cumulo di gnocca». E (ci mancherebbe altro) ce n'è anche per Berlusconi: «Alla presentazione delle quattro candidate del Pdl alle Regionali, Berlusconi ha riconosciuto la superiorità delle donne. Per dirne una, sono più brave loro a camminare coi tacchi». Oppure: «A Torino ostensione della sindone. "Quando avete finito, ridatemi l'accappatoio", ha detto Berlusconi». È proprio vero che da quando non c'è più lui la satira è in crisi. Profonda. Da quando l'ex premier non è più al governo, i comici stentano. Sono spaesati. Sperduti tra i mille rivoli di un governo tecnico. E allora molti comici allentano la tensione e ripiegano sulla carta stampata. Sui libri, dove è più facile mantenere il distacco dalla cronaca quotidiana. Così fa Dario Vergassola che, nel nuovo «Panta Rai» (Feltrinelli), fa un riferimento esplicito a Berlusconi, dedicandogli l'intero libro: «A Silvio, ci manchi!». Passa in rassegna gli ultimi quattro anni di cronaca tra politica, inciuci, scandali e soubrette. La notizia scorre, dalla tv arriva nel libro e diventa battuta. Perché, spesso, aggiungendo solo una parola, cambiando l'angolazione, il punto di vista con cui si guardano i fatti, una notizia può anche far sorridere, oltre che riflettere. E così, con «Panta Rai», Dario Vergassola rilegge e racconta il Paese reale e un Paese irreale, la nostra storia, il mondo. Tutto scorre: Berlusconi e la Minetti, Montezemolo e Marchionne, Bertolaso e Bossi, gli scandali economici e gli inciuci di palazzo, le orge di potere e le orge dopo il potere. Un libro per ridere, ma anche per ricordare un passato che altrimenti rischia di essere dimenticato in fretta. Nel libro l'introduzione di Travaglio, amico e fan di Vergassola. «Appena vedo Dario Vergassola, prima ancora che apra bocca, già rido...Forse è perché dietro quel nasone e quegli occhialetti, già mi pare di intravedere quel che Dario sta per dire. E già so che mi farà ridere...Se la battuta non è un granché, per come la dice: con nonchalance, restando rigorosamente impassibile...ma con quella smorfietta da impunito, come dicono a Roma». Fino alla confessione di una stima che sfiora l'invidia. «Per questo, oltre alla risata - prosegue Travaglio - Dario mi strappa ogni volta una punta di invidia: perché le sue battute sono talmente semplici da darti l'impressione che esistano già in natura e basti pochissimo per afferrarle e farle proprie». Stima anche da parte di Serena Dandini che non perde occasione per prenderlo affettuosamente in giro. «Di due cose sono veramente appassionata: la satira e il giardinaggio. Quindi che dire? Che se queste battute fossero piante, sarebbero dei sempreverdi e se Vergassola fosse un albero, sarebbe senz'altro un Bonsai!». Tra il tormentone di Bossi e quello del figlio «Trota», fa capolino anche il presidente Napolitano. «Napolitano non firma la riforma dell'art. 18 perché non ci sono abbastanza garanzie sui licenziamenti. Sacconi lo tranquillizza: «Ok, a te non ti tocchiamo». E non si salva neppure il Vaticano, con i presunti casi di pedofilia tra le gerarchie ecclesiastiche: «Pedofilia nel clero. Pubblicata la lettera pastorale di Paparatzinger. È scritta su un foglio a righe di terza». Tra le grinfie di Vergassola non c'è pace neppure per il caro estinto. Come dimostrano le parole scritte dopo la morte di Sandra e Raimondo. «Muore Sandra Mondaini. Neanche sei mesi di tranquillità per il povero Raimondo».

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