Rondi lascia pronta l'era Müller
Mispezzo ma non mi piego. Invece Gian Luigi Rondi, decano dei critici cinematografici, direttore di festival di lungo corso, 91 anni che sono tutt'uno con la sciarpa bianca che indossa con levità, si è piegato rimanendo tutto d'un pezzo nelle sue convinzioni. Ieri ha fatto il passo indietro che gli chiedeva la politica romana, da mesi. Si è dimesso dalla presidenza del Festival di Roma (già, Festival aveva voluto chiamarlo quando aveva ricevuto il timone da Goffredo Bettini, che l'aveva battezzato veltronianamente Festa). Lo ha fatto in anticipo rispetto alla data naturale di scadenza, a giugno prossimo. Lo ha fatto per sbloccare l'impasse che vietava all'edizione 2012 di decollare. Il nodo è la direzione artistica a Marco Müller, al quale Rondi avrebbe preferito Piera Detassis. Ma sul navigato esperto già alla guida della Mostra del Cinema di Venezia (nonché all'epoca assai ostile alla kermesse capitolina) punta la presidente della Regione, Renata Polverini. La governatrice ha convinto, con il ragionamento più forte - il contributo in euro che la Pisana offre al Festival - l'inizialmente restio Gianni Alemanno. L'allenza tra i due è stata così salda che Rondi - pur incline ad astenersi su Müller - ha dovuto farsi da parte, in modo che il suo doppio voto, passato al successore, vada a sostenere il nome sponsorizzato dai politici che a Roma contano di più. Le dimissioni annunciate si sono formalizzate ieri mattina al Parco della Musica, dov'era convocato il cda del Festival (Andrea Mondello per la Camera di Commercio, l'avvocato Michele Lo Foco per il Campidoglio, Salvatore Ronghi per la Regione, Carlo Fuortes ad di Musica per Roma e Massimo Ghini per la Provincia). Rondi ne è uscito soave. «Non abbiamo discusso proprio niente, perché in apertura mi sono subito dimesso». Facce distese dei mülleriani Lo Foco e Ronghi, sorrisi di circostanza degli astenuti Ghini, Fuortes e Mondello. Poi il diluvio delle dichiarazioni contro. Il drappello è capeggiato dal presidente della Provincia, il pd Luca Zingaretti che tuona: «Le dimissioni a cui è stato costretto Gian Luigi Rondi rappresentano un colpo all'autonomia delle istituzioni culturali della nostra città». Con Zingaretti si schiera grossomodo la sinistra, adesso paradossalmente a fianco di Rondi, democristiano d'antan, comunque osteggiato dal Pd quando, con Alemanno sindaco, si dette il segno di discontinuità rispetto all'era di Veltroni in Campidoglio. Così va il mondo, in politica. E dunque, via alla sfilza di ringraziamenti per l'opera svolta al presidente dimissionario. Un coro unanime, Polverini ed Alemanno in testa. Lui, l'inossidabile Gian Luigi, con savoir faire s'è tolto i sassolini dalla scarpa. «Piera Detassis è la migliore direttrice di festival che abbia mai incontrato, e vi posso assicurare che in 60 anni di attività ne ho incontrati tanti. A novembre avevo cominciato a muovermi, in vista della sua scadenza a dicembre, con i soci fondatori del Festival. Ho chiesto loro un parere che in un primo momento era interlocutorio, poi perplesso, finché non mi hanno detto che avrebbero preferito Marco Müller. Io non ho nulla contro di lui, ho caldeggiato la sua riconferma a Venezia. Ma il Festival di Roma è un'altra cosa e la Detassis restava la persona più adatta. Inoltre Müller ha detto molto male della rassegna romana». È pignolo a raccontare tutti i retroscena. «Ho avuto un incontro con Alemanno, Polverini e Gianni Letta, durante il quale ho manifestato il mio disaccordo su Müller e ho proposto di rinnovare l'incarico a Detassis fino a ottobre, per consentirle di fare la prossima edizione. Considerata la mia scadenza a giugno, poi avrebbero nominato un nuovo presidente e un nuovo direttore, il quale avrebbe messo a punto l'edizione 2013 del Festival. Letta disse che la mia proposta era ragionevole e anche il ministro Ornaghi, al quale l'ho ribadita lunedì scorso, l'ha apprezzata. Ma Alemanno e Polverini volevano che io votassi per Müller, una cosa che non avrei potuto fare». A quel punto l'ex presidente del Festival ha proposto a sindaco e governatore l'astensione dal voto. «A loro piacque, ma col passare delle settimane è risultato, da quello che si è letto sui giornali, che i consiglieri d'amministrazione di Cinema per Roma avrebbero votato due a favore di Müller, due contro e due astenuti. Allora sono ricominciate le pressioni su di me per votare a favore dell'ex direttore della Mostra di Venezia. Insomma, troppi intoppi. Vista la situazione di stallo, per il bene del Festival ormai ridotto all'inattività mi sono sacrificato e ho preferito rinunciare. Anche Bnl, main sponsor della rassegna, mi ha fatto intendere che probabilmente se l'impasse fosse continuata si sarebbe tirata indietro. Ora, nessuna amarezza, mi sento liberato di un peso che porto dietro da mesi di incontri e scontri». E anche se il presidente Luigi Abete spiega che mai è stata messa in dubbio la volontà di Bnl come sponsor, Rondi è fermo nel sostenere «me l'ha detto in faccia». Per il resto nessuna amarezza e la soddisfazione di dire no al promoveatur ut removeatur. «Alemanno mi ha proposto la presidenza onoraria del Festival, stavolta con lo stipendio, visto che da presidente, con la legge Tremonti, non lo prendevo. Ma ho rifiutato». E il futuro? Sulle dichiarazioni di Müller quasi da «direttore in pectore», dà la più rondiana delle risposte: «L'ho visto sui giornali e dove l'ho letto io, su Screen, non c'erano neanche le virgolette. Se fosse stato vero non sarebbe stata un'azione corretta. Oppure, più blandamente alla Rondi, non sarebbe stata una azione elegante». Riguardo alle voci di Paolo Ferrari, ex responsabile della Warner, al suo posto, precisa: «Andrebbe benissimo, siamo amici. Ma da lui non ho mai saputo nulla, né l'ho incontrato in questo periodo». Insomma, mi piego ma non mi spezzo.