Pollini a trazione anteriore con Liszt e Chopin
Quelloeseguito all' Accademia Nazionale di S. Cecilia dinanzi ad una sala gremita sino ai bordi del pianoforte gran coda (dunque fin oltre la capienza della sala) poteva invece alla vigilia quasi apparire un tranquillo programma romantico con i Dioscuri Chopin e Liszt, per quanto caratterialmente antitetici, a rappresentare degnamente il più frequentato repertorio pianistico di sempre. Ma Pollini, che è un artista a tutto tondo ed un interprete attento al presente come al passato, ha invece optato, all'interno della produzione dei due romantici, per aspetti e pagine desuete: da una parte nel caso di Fryderyck Chopin con pezzi non proprio abusati del repertorio come i due Notturni op.62, la Polacca Fantasia in la bemolle accanto alla più sentita Fantasia in fa minore e allo Scherzo op. 20 estroso ed umorale, dall'altra nel caso di Franz Liszt con la produzione decantata e avveniristica delle ultime brevi pagine pianistiche (Unstern, Gondola funebre, Richard Wagner-Venezia), visionarie ed apocalittiche. Se del compositore polacco Pollini rende a maraviglia il volto intimistico, elegiaco, mai edulcorato o languoroso, ma sempre eroico nelle impennate sonore e appassionato nelle narrazioni autobiografiche, dell'ungherese invece esalta i fari pionieristicamente puntati nel vuoto, le luci proiettate sull'avvenire prossimo venturo della crisi del linguaggio musicale e della vicina sospensione della tonalità (leggi Schoenberg). Pagine spettrali e aforistiche che facevano da pendant alla corposa e ben più eseguita e muscolare Sonata in si minore, un unicum nella produzione pianistica lisztiana, proposta con asciutta sobrietà e una sonorità secca, in cui la ricerca si volge più che a fatti armonici a rivoluzioni strutturali (quasi un mastodontico Allegro di Sonata di mezz'ora con i temi che circuitano ben oltre gli ambiti usuali). Per l'intimo Chopin, schivo, antidivo e concertista suo malgrado salvo che nei salotti della Parigi bene, come per il Liszt, non quello funambolico dell'atletismo tastieristico, ma quello decantato del suo testamento spirituale, poco si addice però una sala così ampia come quella spaziosa di Santa Cecilia (2700 posti). Ma si sa che le ragioni del mercato sono da tempo passate avanti a quelle della musica e di un adeguato ascolto. Per il settantenne interprete calorosi applausi finali e due bis romantici, tra cui lo Studio chopiniano composto per Caduta di Varsavia. Lorenzo Tozzi