Generazione «Sfiorati» ragazzi troppo leggeri
Cinema In sala il film ispirato al libro di Veronesi su due giovani incestuosi in una Roma caotica
Igiovani personaggi vivono le proprie esperienze, senza preoccuparsi troppo delle conseguenze dei loro gesti e tutto scorre in un curioso gioco delle parti. Unica differenza tra il film (dal 2 marzo distribuito in 80 sale da Fandango) e il libro è la scenografia temporale: il primo è ambientato ai giorni d'oggi, mentre il romanzo è fermo agli anni '80. Protagonisti sono Méte (Andrea Bosca), esperto grafologo e la bella Belinda (Miriam Giovannelli). Anche il loro padre (Massimo Populizio) è uno "sfiorato" così pieno com'è di tatuaggi e con tanto di codino, nonostante i suoi 50 anni passati. Ma proprio Méte e Belinda, rapiti dall'incesto, diventano la pietra dello scandalo: nati dallo stesso padre ma da madri diverse, lui italiano e lei spagnola, si trovano a trascorrere insieme la settimana che precede il matrimonio dei genitori. Belinda è sempre a casa, in mutande, davanti alla tv, mentre Méte è un trentenne che non ha mai perdonato al padre l'abbandono subito da lui e dalla madre. Il giovane lavora con Bruno (Claudio Santamaria) e ha per amico Damiano (Michele Riondino, ora sul set della «Bella addormentata» di Bellocchio ispirato alla storia di Eluana Englaro e dal 6 marzo ancora al cinema con «Henry» di Alessandro Piva), agente immobiliare che s'imbatte con Asia Argento, nel ruolo di una Pr. Per la sceneggiatrice Laura Paolucci, «è un racconto sulla tentazione, avremmo potuto rinunciare all'incesto, anche se il romanzo era costruito proprio per condurre il lettore a volere questa scena». Un incesto che comunque «è reso possibile e sopportabile», ha aggiunto Francesco Piccolo (l'altro sceneggiatore). L'incesto (girato senza morbosità e declinato verso l'innocenza) ha fatto vietare il film ai 14 anni, divieto che però è stato poi tolto in seguito al ricorso. Per il regista Rovere, che si è ispirato a Eric Rohmer, a «Un mondo senza pietà» di Eric Rochant e a «Tutti i battiti del mio cuore di Jacques Audiard, «c'è un cuore in questo film come nel libro, che è l'amore impossibile tra Méte e Belinda: questo lavoro unisce l'ironia e la leggerezza dei personaggi, perché il tema è molto importante». Asia Argento ha poi puntato il dito contro una «romanità becera. Il mio personaggio è molto diverso da me, ma esistono davvero Pr che frequentano salotti romani, dove si mangia, si beve, si parla e sembra di essere fermi all'Antica Roma. Quei luoghi tipicamente romani, per fortuna, a Milano non esistono perché la gente preferisce andare a teatro o fare altre cose. Invece la mia Pr è sempre pronta a raccontare i viaggi che ha fatto e le avventure che ha avuto, tanto che gli uomini dopo un po' scappano da lei». Dall'attrice, impegnata sul set del film del padre «Dracula 3D», arriva anche una critica alla differenza temporale tra film e libro: «La società di 20 anni fa dava comunque qualche speranza, mentre oggi non ci sono più spazi mentali dove sognare, non c'è paragone tra le due epoche».