Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Trionfo per Emma. Tonfo per Adriano

Esplora:
Emma vince il 62mo festival di Sanremo

  • a
  • a
  • a

SANREMO Alla fine trionfa la favorita Emma, beniamina dei televotanti, terzo prodotto per la vittoria sanremese uscito dalla fabbrica di "Amici" (dopo Carta e Scanu). La sua "Non è l'inferno", complessa invocazione all'ottimismo in Italia, è la canzone "social" che conquista Sanremo 2012, in un podio tutto femminile in cui non sfigurano Arisa (seconda) con la sua malinconia di una donna "normale" e la grandezza soul di Noemi (terza). Premio della critica a Samuele Bersani. Ma in una notte di perle pop, non era mancata la nuova stecca di Joan Lui. Teopolitik. «Ho solo detto che "Avvenire" e "Famiglia Cristiana" andrebbero chiusi...». Lì l'Ariston insorge: piovono fischi, molti gli gridano «Basta!». Celentano pare colpito, sorpreso, la sua è l'espressione di un autoproclamato martire, sconfessato dai suoi stessi seguaci. «Perchè mi contestate? Siamo in democrazia, ho espresso un mio desiderio. Fatemi prima parlare! Io non ho il potere di far chiudere i giornali, come qualcun altro che non ha esitato a chiudere qualcosa», farnetica. «Vorrei solo cambiassero impostazione». Joan Lui torna a dettare la linea editoriale alle pubblicazioni cattoliche, vorrebbe che parlassero di più della vita di Gesù e del Paradiso che ci attende, non della politica del mondo. Gli mancano solo le stimmate, è un sermone-bis per salvare l'umanità, o almeno gli italiani, dai travisamenti della «corporazione dei media» che «si è coalizzata contro di me neanche avessi attentato allo Stato». «Estrapolano frasi, cambiano i modi dei verbi», frullano insomma il cervello della gente insinuando che la sua sia solo una vendetta privata contro chi l'aveva criticato. Tra i pochi che l'hanno difeso ringrazia un prete che «ha capito tutto», Don Mario, visto in tv dalla Venier. Il sedicente Profeta scaglia il suo sorprendente anatema anche contro l'amico Travaglio, che «dalla Gruber non ha resistito a rigirare il coltello nella piaga, non la mia, la vostra» (aveva in sostanza definito «una cazzata» l'attacco alla stampa). Eppure Celentano era entrato in scena alla grande: che gli vuoi dire, quando ricorda che il rock non è lento? Spupazzava "Thirteen women" da Bill Haley, e fin qui a Viale Mazzini si erano fregate le mani. Poi l'acqua: «Quando sono qui mi si secca sempre la bocca». Figurarsi. Dopo il nuovo vaniloquio (ce l'ha pure con Giuda «e la sua sete di potere per fini consumistici») attacca «La Cumbia», poi coinvolge Gianni in «Ti penso e cambia il mondo». Bel duetto, malinconica autopromozione. In prima fila, i vertici Rai affilano le lame, ma restano seduti. Da Roma spara a palle incatenate il presidente Garimberti: «È di cattivo gusto che Celentano sia tornato ad attaccare la stampa cattolica, e totalmente fuori contesto le teleprediche». Claudia Mori, uscendo dal teatro, attacca il consigliere Verro per le contestazioni dalla sala: «Complimenti per la buffonata che ha organizzato». Finiscono molte cose, nella notte rivierasca. Viva l'ammmore. Non erano ventiquattromila, ma i baci in apertura sono stati tanti. E «francesi»: insomma sì, mica pciuik e smack. Bellissima "intro" di Ezralow sulla beatlesiana "All you need is love". Sperando che quelle sul palco fossero tutte coppie legittime. La supercazzola. Alla quinta maratona in diretta, si moltiplicano le ipotesi sugli impacci glottologici di Morandi. Dice cose fuori dalla grazia di Dio, confonde febbraio con settembre, il canone Rai con il codice etc. E allora forse è un gioco tutto suo, una supercazzola monicelliana ai danni di milioni di italiani. O magari, a forza di stare in mezzo al frasuono musicale, è diventato sordo. Quando Papaleo gli chiede se Pupo tornerà, lui crede si parli di Celentano e conferma. Rocco strabuzza gli occhi, dice «temevo il peggio» Gianni intuisce che qualcosa non quadra e replica «quando parli non ti capisco». Scena simile poco dopo con la Cucciari, che lo conforta: «Tu quando non comprendi sorridi, vero?». La Mrazova, dopo un primo abito da infarto, entra vestita da tenda di un ristorante texano, e Papaleo scimmiotta la gag celentaniana sulla ragazza-Italia, chiedendole come si chiama. Ivanka; «Bas-si–li-ca-ta». Giberna: «Come?». Gliel'avevano spiegata?  Ta-rock. Venerdì la Berté era ricorsa al playback, suscitando le ire degli altri. Morandi: «Fallo solo da ammonizione». Ma la golden share dei giornalisti vale l'espulsione dal podio. Sessomatto. Cucciari chiede a Morandi di aiutarla a calzare la scarpetta. «Devi mettere un dito dietro». Si replica il balletto de "La foca", partecipa Ivanka. «Si vede che è portata», dicono quei manigoldi. Rilassatevi, boys. È finita.

Dai blog