Il Festival è un battesimo, non una consacrazione
Peresempio i dieci secondi prima di entrare in scena: la tua vita - artistica - ti scorre sul serio davanti agli occhi. E se pensi che ti guarderanno milioni di persone rischi di rimanere piantato dietro le quinte. Io sono ricorso a una concentrazione yoga, con gli esercizi di respirazione che mi ha suggerito Stefano Costantini, il trombettista del mio gruppo (gli Stag) premiatocome più giovane direttore d'orchestra qui a Sanremo. Mercoledì sono sceso dalla scala tenendomi per mano con un'amica, Giulia Anania, bravissima cantautrice cresciuta come me nei locali romani. Poi ho cominciato a cantare, e solo lì ho capito che avevo il privilegio di ascoltare la mia musica suonata da quell'orchestra di virtuosi. Dieci secondi, poi tre minuti. E quando scendi dal palco trovi i messaggi dei compagni di scuola che avevi perso di vista, o degli insegnanti. Capisci che "ti hanno visto" in tanti, e sembra strano. Ma lì ti riconfermi la consapevolezza che questo è un battesimo, non una consacrazione. E che dovrai e vorrai continuare a cantare e suonare con la stessa sincerità ovunque tu sia, non importa che ci siano dieci milioni di persone o poche decine, che ci sia la tv o meno. Qui ci hanno messi dentro una gara, ma la musica non prevede vittorie o sconfitte, semmai condivisione. E poi, di riconoscimenti ne ho avuti ben due, il Premio Assomusica per la miglior esibizione dal vivo nella categoria giovani, ed il premio di Webradio Rai, che con quasi duecentomila contatti per il mio brano "Guasto" mi ha fatto sentire il sostegno della Rete. Questi sono i veri trofei: quello che ti riconosce credibilità nel palco reale, e quello che ti permette di essere ascoltato nel mondo virtuale. Un dualismo che diventa una sola cosa: come accade con gli Stag, il gruppo che con cui condivido il progetto del primo ep, in uscita a fine mese. Loro sono il lato rock e collettivo che si sposa con quello intimistico e classico del mio piano. E poi? Pare che abbiano fatto centro le giacche che ha disegnato per me Alessandro Lai, costumista David di Donatello, che ha lavorato con Zeffirelli e Ozpetek, e che si è ispirato alla scenografia spaziale di Castelli. Ora? Si torna a casa, nel mio meraviglioso Esquilino, cuore della ricchezza musicale di Roma.