Nietzsche non si spiega coi simboli
Vivevaper amare una donna, e sentì di averla incontrata nella giovanissima, dissestante Lou Salomè. Non venne accettato da Lou quale coniuge, in circostanze che solo la tragicità di Nietzsche impedisce risate, tanto goffo o contorto fu Egli nel chiedere Lou in sposa a Roma tra il Colonnato del Bernini. Nietzsche si intanò, e traccia con inchiostro di sangue avvelenato "Così parlò Zarathustra", e fa della sua sconfitta il suo trionfo, almeno nell'opera. «Così parlò Zarathustra» è ormai un canone dell'Occidente, scolpisce nella nostra civiltà cristiana una nuova morale e, dicevo, una nuova religione: l'amore radicale per la vita terrena, la potenza dello spirito oltre ogni illusione di uguaglianza, e al di là del bene e del male, perché voler fare solo il bene sarebbe paralizzante nel vano tentativo di risparmiare chi non è capace... Se l'uomo superiore si sente in colpa verso chi non ha le sue capacità e si abbassa non ci sarà il superuomo... Così parlò Zarathustra. L'occasione per scrivere sull'argomento è offerta dalla oceanica stampa del vaglio che Carl Gustav Jung ci rende dello «Zarathustra» in seminari, 1934-1939, a cura di James L. Jarrett, pubblicati ora da Bollati Boringhieri, con un primo volume. Jung morde il testo di Nietzsche e ne fa una sorta di Vangelo del nostro tempo. Usa un metodo interpretativo che non mi entusiasma: leggere, intendere Nietzsche soprattutto come inventore di simboli. Avviene come in certe interpretazioni de «La Divina Commedia» che la svelano quasi fosse in questa scoperta del significato dei simboli il valore dell'opera. Evidenzio un passo dello «Zarathustra», il «tu devi» e «l'io voglio». Non è evidente sostenere, come fa Jung, che il «tu devi», aborrito da Nietzsche, è superato dall'imperioso «io voglio», per il quale e a mezzo del quale ciascuno è signore di sé. Non è così semplice. Io posso «volere» il «tu devi»! Se dico a me stesso: Io voglio il mio dovere, io voglio il mio tu devi, volere e dovere si concilierebbero. Non è nell'astrazione del Tu devi e dell'Io voglio che sta l'antitesi ma tra i valori cristiani e i valori del Superuomo. E mi fermo, perché Nietzsche non risolse mai la questione della responsabilità e del dovere. Il suo: Io voglio non era fare qualsiasi atto. Jung se ne avvede ma non spinge all'estremo la percezione: se «io voglio» non è un qualsiasi volere ma un volere responsabile, è vicinissimo, al «tu devi». Magnifico poter discutere di questo. Jung, esageri o meno nel rilevare il significato dei simboli, dissemina di osservazioni preziose ogni parola. E siamo al primo volume della navigazione. Un Oceano. Antonio Saccà