Noemi: canto contro chi vuole rubarci i sogni
Haaccusato «attacchi di panico», trascorso «una notte insonne», lamentato «due settimane di rinuncia ai carboidrati». Poi è salita sul palco per il soundcheck generale, buon ultima fra i 14 campioni in gara, e quando ha cantato ha fatto venire la pelle d'oca a tutti. Che vinca o meno, è Noemi quella che più di ogni altro big ha saputo emozionare. "Sono solo parole" glie l'ha scritta Fabrizio Moro, lei è andata a rifinirla a San Francisco con Corrado Rustici e venerdì, nella serata dei duetti, sarà impreziosita da Gaetano Curreri. «Piaciuta davvero?», gongola la rossa cantante romana. «È una ballata in cui Fabrizio ha voluto descrivere il limbo in cui stiamo vivendo, ora che ogni iniziativa personale e sociale sembra complicata da realizzare, e dove anche i sogni sembrano sfuggirci di mano, mentre gli altri ci illudono». Sarà il piatto forte del nuovo tour di Noemi, che avrà un'anteprima a Roma il 25 marzo all'Auditorium, magari con ospiti a sorpresa, tra cui lo stesso Moro. «A cantare nei teatri mi sento coccolata». Ma ora c'è la grandeur del festival. «Vada come vada, io non ho mai vinto niente, e non voglio infrangere la tradizione», scherza lei, che sostiene di «essere tornata sul luogo del delitto per affrontare la responsabilità di essere cresciuta» da quando, alle elementari «ad appassionarmi al canto fu una delle mie insegnanti, suor Margherita, una religiosa che ci faceva ascoltare Edith Piaf, rigorosamente su un vecchio grammofono a tromba. Spero che mi guardi e tifi per me». Quanto ai colleghi in gara, «mi piace il pezzo di Arisa, così intimo e ipnotico, che mostra un lato diverso da quello che di lei conosciamo. E poi quanto "tira" il rock dei Marlene Kuntz!». La favorita Emma? «Ben vengano le canzoni "impegnate" come la sua, che anche se potrebbe essere letta in senso politico non mi sembra strumentalizzabile né opportunistica: è una riflessione molto diretta sull'Italia di oggi, dove siamo costretti a tirare la cinghia e a dover riscoprire una coscienza comune. Se vogliamo uscire dalla crisi dobbiamo rimboccarci le maniche tutti insieme». A proposito, Celentano rischia di rubare la scena ai concorrenti? «Ma no, semmai ce la illumina! Ben venga un superospite italiano, finalmente. Meglio di tanti stranieri, e visto che Madonna non viene, come avrei sperato...». Whitney? «Che dispiacere! Era l'anello di congiunzione fra l'immensità di Aretha Franklin e le eredi Beyoncè e Rihanna: Whitney era di una classe superiore. Amavo di lei il piacere di cantare dal vivo andando in profondità, senza inseguire quella patina di perfezione che pure tecnicamente possedeva. Diceva al pubblico: "se volete risentire com'è sul disco, compratevelo"! Ecco, questo era il segno che aveva un'anima grande e non solo virtuosa». Ste. Man.