di Lorenzo Tozzi Daniela Dessì a Roma, sul palcoscenico del Teatro dell'Opera.
SignoraDessì, quale è il suo rapporto con la Capitale? Storico, nel senso che da ragazzina avevo zii nel coro e ho scoperto la lirica al Costanzi. È una città spettacolare dove ho tanti amici. La mia seconda città. Canta più volentieri all'estero o in Italia? Ovunque. Il pubblico della lirica è internazionale. Ma in Italia mi sento a casa. Gli spettatori mi hanno sempre dimostrato un affetto speciale. Cerca se stessa o qualcosa di sé nei ruoli che interpreta? Cerco il personaggio, di entrare nella sua mente ma attraverso la mia sensibilità. Penso: io cosa farei in questa situazione? Questa romana, che poi andrà a Palermo, sarà una Butterfly diversa o tradizionale? È un nuovo allestimento, interessante, scevro da una certa tradizione oleografica e molto stilizzato, immaginario. Insomma onirico e minimalista. Quale la maggiore difficoltà per Butterfly È un ruolone: l'opera poggia quasi tutta sulle sue spalle. Una protagonista a tutto tondo, faticoso interpretarla anche a livello fisico. Bisogna avvicinarsi ad una gestualità orientale. A livello vocale è poi massacrante: comincia con voce da fanciulla e poi la drammaticità viene fuori. È fatica anche sotto il profilo emotivo. C'è il rapporto con il figlioletto, l'amore tradito, le speranze. Lo sento molto. Ricordando anche una certa polemica di qualche anno fa con Zeffirelli, ritiene più importante l'esperienza artistica o le phisique du rôle? Il fisico serve sino a un certo punto: non facciamo cinema ma teatro e nella lirica il canto è alla base di tutto. Certo, bisogna avvicinarsi a quello che si interpreta. Io ci tengo ad essere una donna e non un soprano ma l'esperienza di Butterfly non può essere quella di una ragazza di 14 anni come prevede il libretto. Prima viene l'esperienza, poi un fisico plausibile. Quanto conta la bellezza oggi per il successo nella musica? Adesso conta anche troppo. Fa carriera per qualche anno una persona più attraente, una volta invece era più importante la voce della bellezza. Oggi va di moda anche nella musica la covergirl, che spopolava nella Hollywood Anni Quaranta. Ma la carriera la si fa poi col talento e con la voce. Cosa pensa della polemica scaligera sull'anoressia delle ballerine? Non l'ho seguita. Nel balletto è normale che si cerchi di essere magri ed atletici, però poi ognuno ha la sua testa. Ma c'è chi esagera. Ci vuole equilibrio. Anche i cantanti non sono più le botti di una volta con l'alibi che mangiare bene fa cantare meglio. C'è una qualche affinità tra attività artistica e sportiva? Anche il canto è una specie di mestiere atletico. Lo sport fa bene e nell'arte c'è anche una disciplina ma meno rigida. Io faccio quotidianamente palestra. Quanto è cambiata negli ultimi cinquant'anni, dall'epoca dello scandalo della Callas a Roma, la vita di una primadonna della lirica? Molto. L'avvento della tv ci ha tolto parte del divismo. Anche il nostro modo di vivere si è fatto più frenetico. È cambiato il divismo, ma divo lo sei anche se mangi un piatto di pasta. Il pop ci ha sottratto il primato della primadonna. Quali sono vantaggi e svantaggi di essere una primadonna? La popolarità fa parte del nostro mestiere e ti dà la cifra esatta di quello che hai fatto sino ad oggi. Certo i pro sono più che i contro. La tv fa bene alla lirica? La lirica va fatta innanzitutto in teatro, ma una diffusione in tv, in orari adeguati, può essere utile, purché non sopprima l'aura magica del teatro. La popolarità del melodramma specie tra i giovani è in aumento o in calo? Di giovani ce ne sono molti a teatro, ma più all'estero. Molto dipende dall'esempio che si dà loro e dalle scuole di base. C'è un futuro per i giovani aspiranti cantanti nella lirica? Ci deve essere. Sarebbe come dire che non c'è più futuro per l'arte. Cosa si potrebbe fare di più? Insegnare la musica nelle scuole e abbassare i prezzi. Consentire ai giovani l'accesso gratuito alle prove. Quando è successo, sono stati sempre entusiasti.