La «glittica» arte in miniatura che sfida i millenni
Edoggi la più grande e blasonata collezione di questi «oggetti d'uso» è ai Musei Capitolini, per riempire lo sguardo di tutti coloro che vivono nella Città Eterna o la vengono a visitare. L'esposizione della collezione di glittica della Fondazione Dino ed Ernesta Santarelli, offerta ai Musei Capitolini per un decennio, rappresenta l'evento più importante di un progetto culturale di ampio respiro, iniziato lo scorso anno con la presentazione della Fondazione in Campidoglio e con la cessione, in comodato, della raccolta alla struttura museale romana. La collezione, della quale sono esposti 561 preziosissimi pezzi, abbraccia un arco temporale immenso: cinque millenni di storia. Questa mostra racconta l'umanità dall'Egitto antico, dal Vicino Oriente, dal mondo greco-romano fino all'Europa moderna. La mostra «La glittica Santarelli ai Musei Capitolini» viene inaugurata oggi e offre il meglio di quell'arte «minuta e non minore», come viene descritta nel catalogo, che è l'incisione delle pietre. Sfogliando il catalogo della mostra ci si rende conto della grandezza di questa forma d'arte e, forse, anche del fatto che risulta spesso dimenticata. Dopo l'introduzione di Paola, Santa e Toni Santarelli le presentazioni di Gianni Letta e Gianni Alemanno, seguite da quelle dell'assessore Dino Gasperini e del Sovrintendente Umberto Broccoli. «L'arte della glittica è antica come il mondo - scrive l'archeologo - Già gli Egizi vi si dedicavano. Il più noto dei loro sigilli è lo scarabeo, simbolo di fortuna, che allontana i sortilegi e propizia le divinità». E la mostra propone, dopo i sigilli a stampo dell'Oriente (ce n'è del IV millennio avanti Cristo) e i sigilli cilindrici della Mesopotamia, che risalgono a due millenni e più prima di Cristo, gli splendidi scarabei egiziani. Una forma d'arte minuta, si diceva, ma non piccola, che propone capolavori che possono essere tenuti tra le dita, come il bellissimo «Scarabeo con falco», di steatite bianca, grande appena un centimetro. Può stare su un'unghia ed è perfetto, come nell'epoca remota in cui fu inciso. Sì perché un'altra delle stupefacenti caratteristiche della glittica è che offre oggetti che non risentono del passare del tempo. Incidere una pietra dura è un'opera complessa e delicata. Servono arte, pazienza e parecchia tecnica, ma quando il risultato è raggiunto l'oggetto può sfidare i millenni. Così dall'Egitto di quattromila anni fa (come dalla Mesopotamia di ancor prima) la Collezione Santarelli consegna allo sguardo degli studiosi e degli appassionati qualcosa che rispecchia senza crepe l'idea dell'artista. Niente a che vedere con l'inevitabile sforzo che si fa nel tentare di immaginare il Colosseo ricoperto di marmo bianco con una statua in ogni fornice o il rebus su quali fossero i colori originali della Cappella Sistina. Gli intagli, i cammei, i sigilli sono oggi come erano il giorno che hanno visto la luce. L'Egitto non offre solo scarabei, ma placchette, amuleti, sistri: piccoli strumenti musicali sacri alla dea Iside che, si credeva, li aveva inventati. Le piccole pietre intagliate ci raccontano poi degli etruschi, della Grecia, di Roma. Queste gemme saranno poi prodotte nel Medioevo come nel Rinascimento per arrivare ai giorni nostri. Le perle della glittica, spiega Broccoli, «sono come le briciole di pollicino: ci permettono di trovare la storia ripercorrendone le tracce a ritroso nel tempo».