L'esistenza triste ed esemplare di Napoleone II figlio di Bonaparte
Lanascita e la morte furono gli unici eventi della sua vita. Eppure era il figlio dell'Aigle, l'Aquila, quel Napoleone Bonaparte imperatore dei francesi e il nipote di quel Francesco II che fu l'ultimo Asburgo incoronato nel nome del Sacro Impero Romano. Napoleone II, re di Roma, morto a soli 21 anni, non lasciò un segno nella storia, anzi, è quasi dimenticato, citato forse soltanto nei libri di scuola francesi. Ma chi fu veramente? Una figura tragica e moderna "espulsa" dalla cornice della storia? Uno sconfitto dalle sconfitte del padre? O un uomo piegato dagli eventi, molto più potenti di lui, che però avrebbe avuto reali chance di succedere un giorno al padre? A raccontare questo personaggio con un libro dal giusto equilibrio fra il saggio storico e il romanzo ci pensa Alessandra Necci, avvocato e consigliere per le Relazioni esterne del presidente del Senato, autrice di «Il prigioniero degli Asburgo Storia di Napoleone II Re di Roma» (Gli Specchi di Marsilio, pag. 380). Il racconto doloroso di un bambino che poteva contare su 33 persone fra governanti, nutrici, addette al guardaroba, valletti e medici, ma non ebbe mai le uniche due di cui aveva veramente bisogno: un padre, Bonaparte, assente perché in esilio, e una madre, Maria Luisa d'Austria, troppo assetata di potere. Nato nella porpora il 20 marzo 1811, a soli tre anni, con il titolo di «Re di Roma», strappato dalla sua patria e portato in Austria, quell'Austria che suo padre aveva sconfitto, divenne ostaggio delle potenze ostili alla Francia e non rivedrà mai più il padre, ormai esule a Sant'Elena. Il libro si apre con il ritorno della salma di Napoleone da Sant'Elena, nel primo capitolo, e poi con il ritorno da Vienna del figlio, nel secondo. La storia comincia dalla fine di tutto, dalla sepoltura di padre e figlio negli Invalides a cento anni di distanza l'uno dall'altro. Due rientri in patria molto diversi: pieno di entusiasmo, canti e parate quello di Napoleone, in silenzio, di notte, autorizzato addirittura da Hitler perché la Francia è occupata, quello di Napoleone ll cento anni dopo. Ma finalmente padre e figlio vicini nella morte, di nuovo «francesi». Poi l'autrice torna indietro e «dipinge» vicende e fatti che s'intrecciano fino a spiegare perché Napoleone senta la necessità, in un determinato momento della sua vita, di avere un erede a cui lasciare il trono e l'Impero, destinato dunque a proseguire l'opera da lui intrapresa. Napoleone per questo lascia Giuseppina e sposa Maria Luisa, primogenita di Francesco II, e decide di avere da lei l'erede, pensando così di pacificarsi definitivamente con gli Asburgo. Il bimbo avrebbe dovuto solo allungare le braccia per afferrare un'Europa conquistata per lui. La storia non andò così: il Congresso di Vienna rimise in piedi il rudere dell'antico ordine politico, le corone furono assegnate col preciso scopo di mantenere lo status quo. L'Aiglon fu prigioniero della ragion di Stato e degli Asburgo, dell'Europa della Restaurazione e dei nemici di Bonaparte. A Napoleone II fu negato ogni regno, soprattutto da Metternich che non volle rischiare di trovarsi nuovamente di fronte una furia destabilizzante come il padre. A Franz, così veniva chiamato l'aquilotto da parenti e amici, non concessero di abbandonare l'Austria, costretto a germanizzarsi, gli negarono anche di raggiungere la madre nel suo granducato italiano. L'epitaffio più giusto era stato scritto il giorno della sua morte, il 22 luglio del 1832: «Non è stato fatto nulla per salvarlo. Non per un disegno preciso ma per indifferenza. Non c'era nessuno che lo amasse, tranne l'imperatore, ma quest'ultimo era troppo occupato per occuparsi del malato con la sollecitudine di un padre». La Necci apre ogni capitolo con una citazione che oltre ad essere un po' la sintesi del capitolo offre al lettore l'opportunità di conoscere anche gli altri personaggi importanti di quello scorcio di storia. Deciso il ritratto di Maria Luisa d'Austria il cui atteggiamento colpisce in modo particolare le donne, le madri, per l'indifferenza con cui abbandona prima il marito ma soprattutto poi il figlio, ancora piccolissimo. Se di lei si ha un buon ricordo della sua permanenza a Parma come amministratrice, si evidenzia però un lato umano assai carente. Come quello di suo padre Francesco I, politico cinico, che prima sacrifica sua figlia al vincitore d'Europa, Napoleone, in nome della ragion di Stato, poi finge di "dimenticare" figlia e nipotino per poi dividerli definitivamente da Bonaparte e diventare, insieme a Metternich, il "carceriere" dell'Aiglon affinché non salisse su alcun trono. Ben illustrata la modernizzazione della Francia, le innovazioni volute da Napoleone fra cui il Code Civil ("blocco di granito"), la Pubblica Amministrazione, il Franco germinale, la Borsa, il Consiglio di Stato, la struttura amministrativa, la Legion d'honneur. E l'idea della propaganda intesa come collante delle dittature, dell'accentramento nelle mani di Napoleone ("Solo io so quello che devo fare!"). Molte sono le intuizioni e le innovazioni napoleoniche che sono rimaste in vigore o sono state emulate sia in Francia che in altri paesi europei fra cui l'Italia. Un libro fatto di ricerche, aneddoti, storia, pieno di emozione, realpolitik ma soprattutto sensibilità per un ragazzo che diceva di sé "Non sono che un imbarazzo", un ragazzo, bello e infelice, che poteva essere tanto ma non lo fu. La sensibilità dell'autrice, Alessandra Necci, è evidente nella dedica del libro ai due Lorenzo che hanno dato e danno un senso alla sua vita: il padre, prima, e il figlio, ora.