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Leonard Cohen Il poeta che dialoga con Dio e l'oscurità

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Equeste istruzioni prevedono di non lamentarsi mai in modo casuale. Se proprio bisogna esprimere la grande, inevitabile sconfitta che attende ognuno di noi, bisogna almeno farlo rimanendo entro gli stretti confini della dignità e della bellezza». Provate a ripetere ad alta voce queste parole, e apprezzerete la missione che Cohen si è dato a 77 anni, dopo sei decenni di carriera musicale e poetica. Perché il suo cd "Old Ideas", che esce a distanza di otto anni dal precedente album di inediti, è un capolavoro di grazia e umiltà da salutare con commozione. Dieci brani (alcuni già sperimentati nelle felici tournée delle scorse stagioni) che sembrano combinare magicamente la tensione lirica di T.S. Eliot, il cinismo senile del Philip Roth recente, e la visionarietà mistica del Bob Dylan di "Not dark yet". Qui l'artista canadese offre un diario dell'uomo alle prese con l'incombente l'oscurità, in un corpo a corpo con la trascendenza dove però c'è ancora posto per un'estrema schermaglia amorosa, e dove il tempo che resta sembra scarseggiare, in confronto alle molte cose rimaste da fare e da dire. Con un senso della dignità personale che si mescola con il pessimismo tipico della cultura ebraico-americana, senza tralasciare gli interrogativi sulla fede. "Inni penintenziali", definisce Cohen queste dieci sontuose canzoni, che - suonate ed arrangiate per "sottrazione", senza inutili ridonanze - appaiono come un viaggio di riscoperta nella grande tradizione americana, tra pop, jazz, blues, gospel, country & western, echi gitani, il tutto raccontato con una voce che sembra già intossicata dai fumi delle grotte di Lucifero, un Cohen ombroso e tagliente come un profeta, seduttivo come Tom Waits nei momenti di più ingovernabile ebbrezza. E quei versi scintillanti: in "Going Home" c'è Dio che si fa beffe di quel "pigro bastardo" del cantante che insiste nel voler scrivere "manuali per vivere da sconfitti" ma già sa che dovrà incamminarsi verso la soglia dove ci si presenta "senza fardello, dietro il sipario, dopo essersi tolto di dosso il mascheramento". O in "The Darkness", dove Leonard si ammala di "buio" per aver bevuto dalla tazza offerta da un misterioso interlocutore. E che dire dell'invocazione struggente di "Show me the place": "Mostrami il posto dove vuoi che vada il tuo schiavo, mostrami il luogo dove la parola si è fatta uomo, e dove è iniziata la sofferenza, aiutami a far rotolare la pietra, da solo non potrò farcela". Soffia un vento desertico, qui, le pagine della Bibbia che riaffiorano da sabbie millenarie per un destino di là da venire. O la preghiera, che non sapresti dire quanto segretamente laica, di "Come healing" dove si intravedono "le porte della misericordia, in uno spazio arbitrario, dove nessuno di noi merita né grazia né crudeltà". Prodotto tra gli altri dal lungimirante Patrick Leonard (quello di Madonna), "Old Ideas" ci fa essere grati di assistere alla terza stagione dei poeti folk-rock, quelli che invecchiando ci benedicono da quote irraggiungibili dell'arte. E della consapevolezza della vita.

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