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L'ultima «damnatio» per Claretta

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Gli ex partigiani non vogliono la foto e il nome della Petacci sulla croce che ricorda la morte di Mussolini a Mezzegra

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Giùi simulacri, siano quelli di Stalin o quelli di Gheddafi. Seguono decenni di silenzio, poi qualche storico prova a riannodare i fili del passato, e subito dalli all'untore del revisionista. Nella nostra Costituzione entrò il divieto di ricostituzione del partito fascista ed era giusto, visto il disastro che Mussolini aveva combinato tirandoci dentro una sporca guerra. Ma è pur vero che ancora c'è tanto da capire sugli ultimi giorni del duce. L'oro di Dongo, lo zampino di Churchill, le ore antecedenti a Piazzale Loreto sono misteri sui quali si esercitano gli storici, col rischio di tirarsi addosso gli sputi di chi vuole seppellire acriticamente avvenimenti tragici. Si può comprendere, il Ventennio e la guerra partigiana sono ferite (e slogan) ancora buoni per accendere gli animi, specie dei soliti duri e puri che non hanno sguardo lungo verso il futuro. Con buona pace dei periodici appelli alla memoria condivisa. Detto ciò, l'ultima polemicuzza sa davvero di acidume stantio, di acredine antistorica. Ecco come stanno le cose. L'Unione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, sezione di Como, ha chiesto al Comune di Mezzegra, appunto in quel Comasco dove il 28 aprile 1945 Benito Mussolini fu ammazzato insieme con la sua amante, di incidere anche il nome della donna, Claretta Petacci, sulla croce che ricorda il duce, incastonata nel muretto di Villa Belmonte, dove sarebbe avvenuta la fucilazione (già, la vicenda, dopo quasi 70 anni, è ancora al condizionale, ma guai a ritirarla fuori...). Hanno anche chiesto al sindaco di mettere su quella croce la foto, di Mussolini e di Claretta. Ovviamente due foto, perché la coppia non è mai stata fermata sulla pellicola. Il primo cittadino di Mezzegra, leghista, ha accordato. Apriti cielo. L'Associazione Nazionale Partigiani di Como ha tuonato contro la vicenda. «Siamo contrari, faremo tutti i passi istituzionali per impedirlo, e comunque siamo amareggiati», scrive il presidente locale Anpi Guglielmo Invernizzi. Sciorina le solite argomentazioni: nonostante una «Costituzione antifascista è grave che ci sia ancora qualcuno che aiuti i fascisti in queste manifestazioni». E insinua che questo del nome e della foto di Claretta, da apporre con una piccola cerimonia il 29 aprile prossimo, appunto nell'anniversario dell'uccisione di Mussolini e della sua donna, sia un passo «per costruire un "percorso storico"». «Si parla anche di un museo sulle ultime 72 ore di Mussolini - spiega - con la scusa di portare i turisti. Ci sono una serie di segnali che ci preoccupano moltissimo». Ora, davvero questa crociata d'antan non sta in piedi. L'Anpi ragiona per categorie morte e sepolte. Esistono ancora i fascisti? No, a meno di dire che esistono ancora i comunisti. Esistono estremisti esagitati da una parte e dall'altra, indignados metropolitani, poltiglie ideologiche adrenaliniche lontane anni luce dai fatti qui evocati. E poi: è un fatto che Claretta Petacci si sia fatta ammazzare pur di non lasciare il suo uomo. Opporsi al ricordo di questa estrema fedeltà è negare la Storia. Peggio, alterarla. Se poi si obietta che la Petacci era legata a Mussolini da un amore clandestino, insomma che insidiava la famiglia del dittatore, allora c'è da meravigliarsi di tanto bacchettonismo. I partiti politici ai quali fanno riferimento i partigiani non sono gli stessi che ora si battono per il riconoscimento delle coppie di fatto? «Il nostro è un omaggio a una donna coraggiosa, innamorata, che si è buttata davanti ai fucili sperando di salvare la vita al duce», ha replicato all'antagonista dell'Anpi Mario Nicollini, presidente dell'Unione nazionale combattenti di Como della Rsi. «La richiesta è stata presentata per la prima volta 27 anni fa - ha aggiunto l'arzillo signore, che compirà 100 anni il 16 agosto - ora il Comune di Mezzegra ci ha dato l'autorizzazione. Tutti gli anni ci ritroviamo a Mezzegra per ricordare la morte di Mussolini - Quest'anno abbiamo chiesto l'intervento del parroco per benedire la croce, dopo che saranno stati aggiunti il nome di Claretta e la foto di entrambi». Insomma, a verità lapalissiana - l'amore fino al sacrificio di Claretta - si risponde con la logica della damnatio memoriae. Mentre sarebbe utile per tutti - proprio per non dimenticare - scavare nella figura della Petacci, testimone d'eccezione della vita del duce, e con lui, di ciò che avvenne negli anni più cupi del nostro Novecento. Non per niente già nel 1950 l'ispettore generale degli Archivi di di Stato, Emilio Re, affermava che «i veri e più importanti diari di Mussolini sono quelli della Petacci».

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