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di Carlo Antini La giovinezza, il comando, l'impero, le donne, il potere, la famiglia, la guerra, i falsi amici, i traditori, la Patria, la caduta.

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Èpossibile raccontarlo fuori dai luoghi comuni? Lontano dalle frasi fatte e dai dettami della propaganda ideologica? Ci prova Marco Lucchetti nel suo «101 storie su Mussolini che non ti hanno mai raccontato», appena pubblicato dalla Newton Compton. Con prosa divertente Lucchetti attraversa la parabola del duce del Fascismo, dagli esordi come socialista e anarchico alla sua trasformazione in accanito interventista, dalla costituzione dei Fasci di combattimento alla sua evoluzione in dittatore e al tragico epilogo di piazzale Loreto. Attraverso 101 episodi più o meno noti della vita di Mussolini, l'autore analizza non solo la sua vicenda personale, ma anche le radicali trasformazioni subite dall'Italia durante il Ventennio. Attraverso le contraddizioni e le scelte dell'uomo e del politico Mussolini, si ripercorrono così le scelte, i compromessi e gli errori di cui il Fascismo si fece portatore. E, al tempo stesso, si cerca di scoprire quali legami Mussolini seppe stringere con gli altri leader stranieri - da Churchill a Franco al fatale sodalizio con Hitler - e quale era la sua strategia per restituire un ruolo di primo piano all'Italia. Il racconto del giorno più bello del Fascismo fa emergere il seguito su cui il duce poteva contare a metà degli anni Trenta. «Oggi, 5 maggio, alle ore 16, alla testa delle truppe vittoriose, sono entrato in Addis Abeba. Firmato Badoglio». Con queste scarne parole, inviate mediante un telegramma, Mussolini ricevette il 5 maggio 1936 la notizia che la capitale etiope era stata conquistata e la guerra virtualmente finita. Quello fu l'apice del successo per il dittatore che decise di celebrarlo con la massima solennità. L'appuntamento fu fissato a piazza Venezia alle 22 di sabato 9 maggio, sotto il balcone. Quando il Duce si affacciò, illuminato dai proiettori, dal balcone di Palazzo Venezia, l'applauso fu scrosciante. Di fronte alla folla oceanica assiepata sotto di lui tenne il suo breve discorso: «Il popolo italiano ha creato col suo sangue l'Impero. Lo feconderà col suo lavoro e lo difenderà contro chiunque con le sue armi. In questa certezza suprema, levate in alto, o legionari, le insegne, il ferro e i cuori, a salutare dopo quindici secoli, la riapparizione dell'Impero sui colli fatali di Roma». Nel libro di Lucchetti trovano spazio anche gli aspetti più intimi e segreti della sua esistenza: gli amori, i vizi, le debolezze, le ambizioni e i sogni dell'uomo di Predappio. E ancora, i suoi complessi rapporti familiari, l'ambiguità di alcuni suoi stretti collaboratori, la distanza dagli amici di un tempo. Brambilla, Pallottelli, Ruspi, Fontanges, Brard: sembra quasi la formazione d'attacco di una squadra di calcio. Erano invece i cognomi di alcune delle più assidue frequentatrici di Mussolini. E, d'altra parte, proprio di una squadra di amanti, riserve comprese, aveva bisogno il Duce. Il 12 maggio 1938, quando Claretta Petacci trovò sul tappeto dello studio un passante di cinghia femminile, il duce tentò di consolarla. Ma erano promesse da marinaio, perché continuò a tradire Claretta con le vecchie amanti e con le nuove. Come la contessa Giulia Brambilla Carminati: l'aveva conosciuta nel 1922 e aveva iniziato un'assidua frequentazione. Fascista convinta, la nobildonna lo riempiva di lettere per metterlo in guardia da quelli che lei considerava pericoli d'ogni tipo. Quando nella sua vita entrò la Petacci, la Brambilla Carminati era già sulla quarantina e Mussolini fu impietoso con la sua bellezza sfiorita. Altra rivale era la bellissima anglo-fiorentina Alice De Fonseca, coniugata Pallottelli, amante del Duce negli anni Venti e madre di due bimbi che Mussolini considerava suoi: «Sì, i suoi figli sono miei. La bimba è la più bella di Roma», urla al telefono a Claretta il 10 dicembre 1938. Fino a dipingere il quadro dell'uomo solo al comando. La mancanza di amicizie sincere, che dipendeva non tanto dal suo carattere autoritario e irascibile ma dalla consapevolezza di non potersi realmente fidare di nessuno, fu all'origine del suo amore per la solitudine. Fino al tragico epilogo finale. Fino alla notte tra il 27 e il 28 aprile 1945. La prima e unica notte che Benito e Claretta trascorsero insieme, in una sperduta stanzetta di Bonzanigo. Prima di essere fucilati. Insieme.

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