Sarina Biraghi Sognante e razionale, nostalgico del passato ma affamato di futuro, delicatamente triste e fermamente allegro.
EliaZomparelli è così, un uomo brillante, con uno spiccato gusto per le cose belle e dalle grandi passioni: dal teatro («incontro» giovanile) alle auto (tra cui la storica Fulvietta), dai fiori alla moglie, dalla scrittura (già giornalista e collaboratore de Il Tempo) ai nipotini. E nella raccolta di poesie «Inseguendo l'infinito» (arricchita dalle immagini dei quadri più amati) Zomparelli si mostra come un vero amante della vita capace di apprezzarne gioie e dolori con la stessa intensità e gratitudine, sia che si tratti del sole che lo emoziona e lo «cura» ogni giorno, sia che si tratti della mancanza della madre, persa quando era un bambino ma «che le illumina il cammino», o di quella del padre con cui ricorda, «abbiamo camminato insieme per milioni di chilometri». C'è l'animo dell'autore in queste poesie dove trovano grande spazio i versi dedicati all'amata moglie Enza, una donna speciale, «l'unica che è riuscito a farlo rallentà», con cui Elia vive in simbiosi perfetta: «...ho costruito con te la mia vita e se mai mi mancassi, non c'è profondità in cui nascondere l'anima mia». E se Enza è «una sorgente di vita» non mancano parole per «tre stelle del firmamento», i figli Daniela, Elettra ed Eliano, ma anche per i quattro adorati nipotini ai quali insegna ad amare il sole e gli anemoni, per un amico carissimo, perduto da un po', per alcuni personaggi della squadra del cuore. Con qualche colorito passaggio dialettale, perché non ha mai «tagliato» le sue radici da Maenza, Zomparelli racconta di cose e persone, di quotidianità, di esistenza umana e di Dio al quale dedica «Per troppo, troppo amore», un monologo con cui evidenzia il principio teologico del libero arbitrio, «rimproverandogli», con la speranza del perdono, di essere stato «forse soprapensiero» e non aver fatto alcune cose perfette, viste le sofferenze del mondo. E volgendo lo sguardo al passato, cercando il «suo» senso della vita, Elia lucidamente scrive di aver intrapreso il «duro viale del tramonto», non più «ballando con i sogni» ma pur sempre con «istrionico disincanto». Lo fa «Inseguendo l'infinito», beandosi della «Notte stellata» di Van Gogh.