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di Aldo Giovanni Ricci L'uscita di un Dizionario del liberalismo italiano rappresenta una novità che in questi tempi affamati (a parole) di liberalismo non può che essere salutata con entusiasmo.

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Itermini cronologici vanno dal 1815, quindi dalla Restaurazione, agli anni Novanta del secolo scorso, ovvero alla scomparsa dei liberali in Italia come forza politica organizzata con questo nome, naturalmente con l'elasticità che un dizionario di questa portata impone. La domanda centrale a cui il dizionario nel suo complesso ha cercato di rispondere è che cosa sia il liberalismo italiano e quali siano le sue caratteristiche nel panorama del liberalismo internazionale; e la risposta la si è cercata nella filosofia politica e nel metodo di governo, nel mutevole rapporto con i diversi fenomeni e istituti che si sono succeduti in due secoli di vita italiana, ma in particolare nella sua esperienza storica nazionale, pur nella consapevolezza delle radici europee e delle proiezioni internazionali del fenomeno liberale. Perché oggi un dizionario di questo genere? La domanda potrebbe essere rovesciata: perché soltanto oggi, quando le biblioteche traboccano di dizionari su ogni corrente politica: dai socialisti ai comunisti, dai cattolici ai fascisti? La risposta è semplice: perché la galassia liberale è sempre stata fuori dalle irreggimentazioni, non si è mai data uno statuto organico, non ha mai sentito il bisogno di contarsi e definirsi; ha rappresentato sempre il modo d'essere 'naturale' di chi vive e opera in una società libera nel senso della tradizione occidentale in tutte le sue varie sfumature e vicissitudini. Il perché oggi è semplice. Perché chiusa una stagione politica all'inizio degli anni Novanta (e forse un'altra in queste settimane) si è andata via via perdendo la memoria della cultura e della tradizione politica liberale nel nostro Paese e a questo deficit il dizionario cerca di ovviare. E questa esigenza è tanto più paradossale se si pensa al fatto che in questi ultimi anni, nel nostro Paese, condannato, almeno sul piano ufficiale, il comunismo e le sue eredità; liquidati per via giudiziaria il socialismo e il movimento cattolico, si è assistito all'affermarsi di una sorta di 'liberalismo ecumenico' onnicomprensivo che ha rischiato e rischia di alterare profondamente la sua specificità. Alla domanda "chi è liberale alzi la mano" rivolta alle forze politiche attuali, si rischierebbe di trovarsi di fronte a una selva di mani alzate, con pochissimi originali a braccia conserte. Sembrerebbe quindi che il liberalismo sia diventato il pensiero comune della politica, dopo decenni di ideologie totalizzanti e di partiti-chiesa, ma gli osservatori attenti sanno che è soltanto un'illusione e che scandagliando a fondo in tutti gli schieramenti di liberalismo vero non se ne trova molto. Un dizionario come questo esce in un momento assai propizio, proprio oggi con il cosiddetto governo dei tecnici. In politica, dopo il governo Monti, ha scritto di recente sul "Corriere della sera" Ernesto Galli della Loggia, "nulla sarà come prima". Affermazione indiscutibile, la cui portata è però ancora tutta da precisare sulla base ovviamente degli avvenimenti prossimi venturi. Quello che è certo è che la classe politica nel suo complesso (la maggioranza non governando, l'opposizione non esprimendo alternative credibili), che di liberale ha assai poco, si è dimostrata inadeguata rispetto alle difficoltà del Paese, abdicando alle proprie responsabilità nel momento del maggior pericolo: proprio uno di quei momenti durante i quali una vera leadership, come la storia ha più volte mostrato, prende saldamente in mano il timone guidando la barca-paese fuori dalla tempesta. Insomma un altro 8 settembre, questa volta della politica. Con la differenza che nel 1943, bene o male, c'erano i partiti del CLN in clandestinità che preparavano un'alternativa, mentre oggi di alternative non se ne vede traccia. Di fronte a questa slavina politica, difficile delineare il futuro. Si è parlato di rifondazione della politica e dei partiti, di riforme elettorali e costituzionali, ma sembrano pii desideri piuttosto che prospettive concrete. Quando il re è nudo è difficile, se non impossibile, regnare. E oggi la politica è nuda. Ma senza politica non c'è democrazia. Inoltre i tempi sono stretti perché la crisi è profonda. Insomma, un'emergenza vera della quale è importante che si prenda coscienza collettivamente, perché se è vero che nulla sarà come prima, quelle che sarà è tutto da scrivere e, ahinoi, non ci sono maestri all'orizzonte. Ben venga quindi questo dizionario che ci illustra analiticamente cosa deve intendersi per liberalismo nella tradizione italiana. (Dizionario del liberalismo italiano, tomo I, Rubbettino Editore, pp. 1065, euro 45).

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