Un orrendo agguato giudiziario al socialista che amava la verità
Unaguerra che non conosce fine tra verità e bugia, tra innocenti e colpevoli e che ha una lista infinita di personalità del mondo politico tra le sue vittime. In questa lista risalta il nome Giacomo Mancini, importante esponente del Partito Socialista più volte ministro e da tutti considerato l'altra faccia del partito, quella in contrapposizione a Bettino Craxi. Una storia politica e umana quella di Mancini che trova la sua perfetta dimensione nel libro intervista di Enzo Paolini e Francesco Kostner, «Agguato a Giacomo Mancini» (Rubbettino, pag. 334 euro 14). Francesco Kostner affermato giornalista calabrese intervista Enzo Paolini uno dei tre avvocati e amici che difesero Mancini in una delle vicende giudiziarie più inquietanti d'Italia. Il volume risulta una lunga e interessante botta e risposta che grazie a ritmo e facilità di lettura, ci porta nei meandri di un caso tanto affascinante quanto triste per i suoi risvolti. Il libro non è un noioso resoconto giudiziario, ma è un colloquio che analizza i dettagli di un processo che fece rumore in tutta l'opinione pubblica Italiana e che ferì sia nell'animo che nel fisco il grande notabile Socialista, e che racconta senza esitazioni l'uomo e l'amico Mancini. Del resto che l'ex sindaco di Cosenza fosse innocente l'hanno detto i magistrati e sia Kostner che Paolini non vogliono solo ribadire quella sentenza. I due autori raccontano con passione e stima i risvolti umani e politici di quella vicenda giudiziaria, mettendo sempre da parte le loro opinioni, per dare spazio alle idee di Mancini e al contesto culturale della Cosenza di quegli anni. Un testo che racconta come, senza mai per un solo secondo aver smesso di credere nella giustizia, Mancini e i suoi legali affrontarono questo tortuoso percorso in modo del tutto anomalo. Infatti, quando Mancini scopre, attraverso i giornali, oggi potremmo dire che sia una prassi consolidata, di essere accusato di avere rapporti con l'ndrangheta, stava per candidarsi a sindaco di Cosenza. Era il 1993 e Mancini decide di non presentarsi così da potersi difendere dalle accuse mosse dai Pm Boemi e Verzera. Spiegherà questa sua decisione in una lettera all'esponente radicale Antonlivio Perfetti, riportata alla luce nel volume dallo stesso Paolini: «Ho molto riflettuto, sono sicuro che la mia decisione è giusta. Sono convinto che alla nostra campagna elettorale che sta per cominciare gioverà più la mia assenza eloquente e chiarificatrice che non la mia presenza; che non sarebbe conforme alle idee che ho sempre professato e ai principi su cui dovrà uniformarsi il nostro ordinamento se il cambiamento finalmente si verificherà. Necessario è però essere coerenti nella esposizione dei principi e dei programmi, non consentendo ai responsabili del dissesto di rifugiarsi nella sabbia delle accuse reciproche e di invocare un'assoluzione generale o una condanna di tutti. Tutto è mafia niente è mafia. Nella campagna elettorale invece tutto deve essere chiaro, limpido, senza richieste o concessioni di privilegi. Così non sarebbe se io, accettando la candidatura, pretendessi di godere di una comprensione generale per la mia situazione. In questo modo offrirei ai malversatori, ai profittatori della politica, agli amici veri del malcostume un alibi che non può essere fermato. L'ho già detto. Non farò il testimone a discarico dei responsabili dello sfascio della regione e della città». Parole intrise di rabbia e frustrazione per uno dei politici che più di chiunque altro aveva combattuto i sistemi mafiosi. Ma quella decisione ebbe vita breve, infatti, Mancini tornò su i suoi passi dopo il primo colloquio con i Pm perché intuì che c'era molto altro dietro quelle accuse e quindi decise di combattere fino in fondo su quel terreno in cui non conosceva rivali: la politica. Questo libro intervista mette sotto i riflettori ogni dettaglio di una vicenda che ha cambiato la storia politica della Calabria e di tutto il Paese. La capacità di Kostner e Paolini è quella di far percepire in ogni istante la forza e la determinazione che Mancini ha avuto in quei momenti. Infatti, l'ex ministro della sanità e dei lavori pubblici non solo si candidò a sindaco, ma stravinse le elezioni e pur dovendosi dividere tra affari giudiziari e amministrazione comunale, fece vivere a Cosenza una delle sue stagioni migliori, rivoluzionando l'anima della città. Il processo durò a lungo fino alla morte del grande politico socialista. Una storia triste che fa amarezza e che racconta di un agguato, come lo stesso titolo chiarisce, a una delle figure più illustri del panorama politico italiano. Una storia che ha visto la sua fine nel 2002 con l'assoluzione dai capi d'accusa, un'assoluzione che Mancini ha potuto vedere prima di morire, un'assoluzione che ha ridato a Mancini il giusto peso nella storia, che gli ha ridato la dignità politica, ma che non gli ha potuto restituire la sofferenza che in quei lunghi anni Giacomo Mancini ha dovuto sopportare. Il testo di Paolini e Kostner ti lascia di stucco sia perchè sembra che il tempo si sia fermato a quegl'anni, sia perchè sembra quasi che l'Italia abbia dimenticato i suoi uomini di Stato sporcandoli nel modo peggiore: insinuando il dubbio sulla loro onestà. Non resta che lasciarsi andare alla lettura e stupirsi per quel atteggiamento a Volte quasi ingenuo di Giacomo Mancini, che lo vedeva sereno e sicuro che la forza della verità avrebbe prevalso.