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di Carlo Antini Altro che Maggio francese.

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Inquello delle realtà parallele, della critica al presente, del sogno. Quando si traduce in progetto e azione politica produce soltanto disastri. A dirlo è il Premio Nobel Mario Vargas Llosa, in queste ore a Roma dove ha assistito ai lavori della Camera dei Deputati e partecipato all'incontro organizzato dall'Upter e dedicato a «Le realtà parallele», a cui ha preso parte anche il Presidente della Camera Gianfranco Fini. «Non bisogna confondere la letteratura con la vita, uno è l'ingrediente fondamentale dell'altro ma credere che sia la stessa cosa ci porta al disastro - ha spiegato lo scrittore - È importante tenere ben distinti l'ordine della realtà e dell'irrealtà. Scegliere l'irrealtà in campo politico porta a disastri e al caos, lo sappiamo bene in Sudamerica dove agendo così si sono resi i nostri Paesi poveri e in preda al caos. Solo ora che cominciano a rassegnarsi alla realtà iniziano a risollevarsi». Se è bene tenere distinti i due piani, è altrettanto importante coltivare la letteratura come coscienza civile, consapevolezza della propria autonomia di giudizio per non cadere vittime di più o meno manifeste dittature politiche, religiose o militari. «La letteratura è fondamentale per mantenere uno spirito discolo - prosegue il Premio Nobel - Tutti i regimi che hanno tentato di controllare la vita delle persone dalla culla alla tomba hanno visto con sospetto la letteratura e hanno cercato di controllarla, spiegarla o combatterla». Questo perché «una società imbevuta di letteratura ha un pubblico non conforme, ribelle, che non si accontenta della realtà com'è e a cui non si possono far ingoiare le menzogne. Perciò ogni tipo di dittatura, quelle politiche, sociali o religiose, ha istituito sulla letteratura censure molto rigide». L'elogio della critica letteraria va di pari passo con la condanna delle ideologie, vere e uniche nemiche della libertà di pensiero. «La cosa più interessante - spiega Vargas Llosa - è che la letteratura è una menzogna palese che, dunque, smette di essere tale. Molto più pericolose sono le ideologie che fingono di essere scientifiche e che, invece, sono vere e proprie menzogne». Vargas Llosa non si è mai nascosto. Neppure quando una ventina d'anni fa si è candidato alla presidenza del suo Paese, il Perù. Giunse al ballottaggio finale e fu battuto sul filo del rasoio da Alberto Fujimori. La delusione di allora si tradusse nell'abbandono del suo Paese e nella scelta della Spagna come Paese d'adozione. La letteratura, però, non l'abbandonò mai. Rimase sempre il suo rifugio, il suo porto sicuro, dove ripararsi anche in piena tempesta. «Da sempre - spiega lo scrittore peruviano - la letteratura è in grado di costruire molte realtà permettendo così ai lettori di vivere mille esperienze diverse». Per Llosa la letteratura offre alla gente «la possibilità di ampliare le proprie esperienze. E dunque chi legge può vivere tante vite». Storie che per il Nobel «partono dal vissuto rendendo immortali i momenti della vita, felici o tristi che siano, che vanno via. Questa è la sua funzione straordinaria: ci tira fuori dal piccolo mondo in cui viviamo e ci rende eterni. La letteratura ci fa sognare e ha effetti reali sulla vita». Come li ebbe sulla sua vita. Quando scoprì a undici anni di non essere orfano di padre. Andò a vivere con lui, abbandonando comodità, affetti e vizi materni. «È allora che ho scoperto la paura - conclude lo scrittore - la solitudine, il dolore. Io mi rifugiavo nella letteratura che era il mio scudo personale. Mio padre era un uomo autoritario che osteggiava la mia voglia di leggere e scrivere ma così non ha fatto altro che rafforzare la mia vocazione». I lettori ringraziano.

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