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L'inevitabile ritorno degli Anni Ruggenti

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Ubriacature Al cinema The Artist e Midnight in Paris in libreria Scott Fitzgerald. E spopolano in mostre e tv

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Romanzieritrasmigrati dagli States nel Vecchio Continente, a respirare epoche lontane, inesistenti oltreoceano, e a scoprire, i puritani, il glamour decadente di Parigi, per non dire di San Pietroburgo o di Vienna, di Roma, della Berlino scosciata e grottesca di Grosz. Anni Ruggenti, si chiamavano i Venti-Trenta negli Usa, col boom della produzione industriale, i fiumi di dollari e un'idea di invicibilità più dura di un diamante. Successe invece il crac di Wall Street e la sberla generò, insieme col senso di vertigine, ancora voglia di ubriacatura sentimentale. Sicché i Ruggenti ebbero una coda, per poi essere zittiti dalla Seconda Guerra Mondiale. Vanno di moda adesso. Tornano in film, mostre, serie tv. Inevitabile la spiegazione. Siamo oggi sballottati e un po' disperati, aggrappati a una zattera della medusa per un euro sull'orlo dell'implosione. Dopo aver subito il flop di Lehman Brothers e dei subprime e la tragedia delle Twin Towers. Prospettive tetre, puzza di terra bruciata, fine di un'epoca? Allora, come i nobili russi in esilio dopo la Rivoluzione di Ottobre che s'ubriacavano di champagne in Costa Azzurra e si gettavano alle spalle i calici di famiglia ridendo mentre andavano in frantumi, alterniamo cupezza ad euforia e ricerchiamo le atmosfere degli Anni Ruggenti. Ieri ai Golden Globes di Los Angeles ha fatto incetta di statuette un bel film già premiato a Cannes, The Artist, ipotecando gloria nella notte degli Oscar. Bravi protagonisti e regista. Ma il fascino della pellicola è nel bianco e nero e nel muto, tranne ovviamente la colonna sonora, dove come 90 anni fa domina il pianoforte. Insomma, nel golfo mistico della sala cinematografica, meglio le emozioni naif che quelle drogate dagli effetti speciali. Elegia del passato anche col lieve Woody Allen. Midnight in Paris è il sogno americano alla rovescia. Perché uno scrittore Usa, in crisi di idee e di identità mentre dalle sue parti impazzano i tea party, ritrova grinta nella Ville Lumiere. Mica quella di oggi, coi sorrisetti di Sarkozy. Invece quella folle di Picasso e Dalì, di Gertrude Stein, di Hemingway e Cole Porter. Ci si trova magicamente catapultato ogni notte a mezzanotte. Ma non basta. Woody gli fa fare un altro salto, complice una ragazza parigina. Arretra, sempre di notte e infilandosi in improbabili auto d'epoca, feste e locali, di altri vent'anni, nella favolosa Belle Époque di Toulouse Lautrec, di Gauguin e di Degas. A dire che nessuno sta bene nel proprio tempo e che il passato è sempre migliore del banale presente o dell'incerto futuro. Ovviamente il protagonista di Allen - un Owen Wilson annoiato di giorno e galvanizzato di notte - incontra anche Scott Fitzgerald con l'inseparabile e matta moglie Zelda. Ed è proprio l'autore del Grande Gatbsy e di Tenera è la notte che nel 2011 ha riempito le librerie, con riedizioni facilitate dalla scadenza dei diritti d'autore (Fitzgerald, cantore della cosiddetta età del jazz, è morto nel 1940). Non basta. Il ritorno a quel preciso passato fa tendenza anche in televisione. Come dire sul media che più di ogni altro intercetta l'aria che tira e fa tendenza. Un Golden Globe è andato a Kate Winslet, protagonista di una miniserie targata Hbo e tramessa lo scorso ottobre da Sky Cinema. Si intitola Pierce Mildred, è tratta dal romanzo di James M. Cain, racconta di una donna forte nella Los Angeles della Grande Depressione. C'è invece la Atlantic City del gioco d'azzardo in Boardwalk Empire, sceneggiato prodotto da Steven Spielberg. Le mostre non sono da meno. Ha chiuso con record di presenze a Palazzo dei Diamanti, a Ferrara, «Gli anni folli, la Parigi di Modigliani, Picasso, Dalì 1918-1933». A Roma fino al 20 gennaio i divi delle Folies Bergère, una mostra curata da Cesare Nissirio con bozzetti, manifesti, foto, dischi, abiti di scena. Qui il glamour si chiama Joséphine Baker e Mistinguett, ha la faccia scanzonata di Chevalier. Bei tempi.

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