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Quando le donne usano lo humour contro la guerra

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Dopoil debutto a Cannes, il film ha vinto anche il Peoplès Choice Award del Toronto Film festival ed è reduce dall'enorme successo in patria. «In Libano è diventato il film di una nazione, non ci sono state reazioni negative da cristiani, musulmani e nemmeno dagli uomini - spiega la regista a Roma - Tutti lo sentono come il proprio film, e sono coinvolti nella corsa agli Oscar, fanno il tifo e pregano per noi. Ne abbiamo abbastanza delle guerre, in un Paese dove ci sono 18 confessioni diverse. Si sente il bisogno di una vita normale». La regista si dice «fiera del ruolo che hanno avuto le donne nelle primavere arabe. Però sono molto scettica su come si gestirà la situazione adesso che riemergono vecchi conflitti, come in Egitto». Protagoniste sono le donne in un villaggio sperduto, già colpite da tanti lutti e dove musulmani e cristiani convivono con tanto di chiesa e moschea nella stessa piazza. Per evitare che riesplodano i conflitti religiosi, madri, mogli e figlie, usano ogni mezzo: rompono l'unica tv del paese per evitare che arrivino le notizie dei conflitti; fanno dolci all'hashish per sedare gli animi e invitano le spogliarelliste per distrarli dalle armi. «Però - sottolinea Nadine - non parlo solo dei conflitti fra musulmani e cristiani: volevo che la storia fosse universale: racconto i conflitti fra esseri umani che non si vogliono conoscere e comprendere. La pellicola l'ho dedicata alle nostre madri, alla loro capacità di andare avanti, nonostante i tanti lutti. La tv mi ha fatto capire che per creare mondi diversi dovevo diventare regista ed è stato molto importante inserire nella storia lo humour, anche perchè in Medioriente la situazione a volte è così assurda che si può solo ridere. L'umorismo consente un cammino verso la guarigione, ci fa vedere i nostri difetti e permette di dire ciò che si vuole senza essere attaccati ferocemente».

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