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Vent'anni di rivoluzione Tg5

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Il tiggì di Mediaset ha svecchiato il linguaggio delle news Mimun: «Ora si cambia. Occhio ai nuovi media e alla Rete»

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ì«Éun fatto molto importante per la libertà d'informazione del paese e un fatto che simbolicamente coincide con la nuova aria di libertà sia in Italia sia in Europa. Crollato il comunismo, dissolto il sistema degli stati cosiddetti socialisti, anche in Italia possiamo archiviare il passato dell'una e dell'altra parte ed iniziare una vita politica libera da compromessi e libera da ipoteche». Sono passati vent'anni, Cossiga non c'è più e nel mezzo è capitato di tutto: il crollo della Prima Repubblica, l'avvento e la crisi della Seconda. Mani pulite, l'Italia nell'euro, la crisi dell'euro, Berlusconi che scende in campo, vince le elezioni, le perde, le rivince, le riperde, le rivince, lascia e arriva un Governo tecnico. E poi l'11 Settembre, le guerre, la vita fatta di cronache, di passioni e di sangue. A volte anche di merda. La tv li ha raccontati questi anni. Il Tg5 pure. A dirigerlo non c'è più Enrico Mentana - guida di quell'avventura ed oggi direttore (ancora di successo) del Tg de La7, ma Clemente Mimun che fece parte, assieme ad Emilio Carelli (che diventerà, nel 2003, il primo direttore di Sky Tg24) e a Lamberto Sposini dei giornalisti pionieri. «In principio fu incoscienza. A rileggerlo vent'anni dopo - spiega a Il Tempo Clemente Mimun - ci sono molte cose figlie dello spirito di avventura che ci animava. Lasciare la Rai, allora, fu una scelta coraggiosa. Non c'era ancora stato il discorso sul lavoro di Bill Clinton a Detroit (che arriverà nel 1994, ndr) sui mutamenti del mercato e la fine del posto fisso per tutta la vita. All'inizio di quell'avventura le cose erano incerte, pensa che c'è stato persino un avvio in cui è stato in dubbio se dovessimo stare a Roma o avere la sede a Milano. Noi siamo rimasti a Roma per forte volontà mia e di Gianni Letta». Roma, la città del Potere, dei Papi e del Palazzo. «Oggi avrei dei dubbi - dice Mimun - che il potere stia a Roma». Il Tg5 traccerà un cambiamento copernicano del linguaggio televisivo d'informazione. «Eravamo al tempo in cui i tg attaccavano i pezzi con: "Alla presenza di numerosi ministri e autorità..". La nostra regola fu: si parla come si mangia». Fuori scoppiava Tangentopoli: il 17 febbraio 1992, a poco più di un mese dal debutto del Tg5, a Milano il pm Antonio Di Pietro fa arrestare Mario Chiesa. «Tangentopoli - secondo Mimun - fece la differenza rispetto alla Rai perché stava crollando un sistema politico. La Rai era penalizzata e ci ha messo un po' di tempo prima di capire che si trattava di una roba seria. Persino la politica non si rese conto». Il Tg5 c'è e racconta tutto. Così come racconterà - con lo speciale Braccio di ferro condotto da Enrico Mentana - il duello per le elezioni del 1994 tra Silvio Berlusconi e Achille Occhetto, l'inizio di quel bipolarismo all'italiana che oggi pare impantanato. «L'arrivo di Mani pulite - ricorda Mimun - non dipese da noi ma le notizie nessuno le gestì come noi. Le davamo tutte. E poi la scelta di porre la cronaca al centro, di guardare agli interessi del pubblico. Una strada nuova. Quando guardo indietro penso a come mi sono divertito. Ho avuto anche la fortuna di fare il Tg2 - qualche anno dopo il Tg5 - con la sfida del Tg delle 20.30 ed ho inventato il Tg delle 13 di un'ora». Ora però i tempi sono cambiati: il digitale mangia gli ascolti della tv generalista, l'offerta è frammentata e per il Tg5 è arrivato il tempo di cambiare. «Sì, assolutamente. Hai colto la questione - annota Mimun - Assistiamo a due fatti importanti: il digitale che ha moltiplicato l'offerta ed internet che ogni giorno ha venti milioni di italiani che navigano con il rischio grosso che alle otto di sera il Tg sia già vecchio». Innovare, ma come? «Sul piano organizzativo - dice Mimun - c'è un maggiore intreccio tra politica ed economia e mi chiedo se non sia il caso di avviare una fusione delle due redazioni». L'altra novità riguarda «una redazione che si occupi di nuovi media per raccontare le novità della rete». La festa per il compleanno del Tg5, quella invece «sarà un brindisi con i colleghi e Fedele Confalonieri in un località segreta» oltre «ad una cosa per ringraziare i telespettatori». Il tempo passa e la tv cambia. Per spiegarlo Mimun ieri ha citato una vignetta. Titolo «Ieri e Oggi. 1990. Immagine di uno spettatore magro e smilzo accanto ad un televisore gigante. 2011. Uno spettatore bolso vicino ad una tv ultrapiatta». In mezzo ventuno anni di cura ingrassante per il pubblico (il come è tutto da valutare) e dimagrante per la tv analogica. La storia, in fondo. Anche quella del Tg5.

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