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La pace di Villafranca e il dolore di Fogazzaro

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AVillafranca in provincia di Verona, quartier generale dell'imperatore Francesco Giuseppe, l'Austria e la Francia, rappresentata da Napoleone III, mettevano fine alla II Guerra d'Indipendenza. Un accordo che segnò l'inizio di quel processo che porterà alla proclamazione del Regno d'Italia il 17 marzo 1861. Eppure proprio dietro a quell'armistizio siglato senza che venissero coinvolti nella decisione i tanti italiani che avevano versato sangue per l'indipendenza, si nascondeva la delusione di tutti quei veneti e quei mantovani che, dagli accordi presi, erano costretti a restare sudditi dell'imperatore. Un dolore che investì tutti i patrioti costretti a fare i conti con le vendette degli austriaci. Fallimento del quale si fece portavoce il diciassettenne Antonio Fogazzaro che nel suo quaderno di appunti e poesie, intitolato Pensieri, scrisse il Saggio di protesta del Veneto contro la pace di Villafranca. Un fascicolo inedito che, nel novembre del 2011, in occasione del centenario della morte di Fogazzaro, l'Editrice Veneta ha voluto pubblicare affidando a Italo Francesco Baldo, docente di storia e filosofia al liceo classico Pigafetta di Vicenza, la stesura di un'ampia introduzione che permette al lettore di comprendere il contesto sociale, economico e politico che ha fatto da sfondo alla com E così nelle parole di Fogazzaro, tantus in eo patriae amor elucet, appare evidente la capacità di spaziare a tutto tondo sul problema, considerando aspetti economici, fiscali, militari e soprattutto la frustrazione che ha colpito i patrioti e la possibile reazione della Casa d'Austria. Non la Francia ma Napoleone viene indicato come colui che ha, di fatto, negato l'unificazione e questo si capisce proprio dalle parole dello scrittore: «Noi fummo venduti; e furono venduti con noi quelle tante migliaia di giovani Veneti, fratelli d'armi dell'esercito Francese, che accorsi alla voce della patria pugnarono per lei coll'entusiasmo di una grande causa e colla fiducia della vittoria, che ora, spezzate le spade, trascineranno nell'esilio la contristata giovinezza, se torneranno in patria a partirvi le vendette di una cupa e feroce tirannide che non dimentica mai». Così iniziò l'attesa militante di Vicenza per l'Unità. E quell'Unità arriverà solo dopo il plebiscito dell'ottobre 1866.

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