Il fascino magnetico della musicassetta
Rigorososilenzio. Non doveva volare una mosca. Ogni movimento o vibrazione maldestra sul giradischi poteva compromettere l'intera registrazione. Si mandava tutto all'aria anche a pochissimi secondi dalla fine. Riversare un disco in vinile su una musicassetta era un rito che richiedeva regole ferree alle quali non si poteva sfuggire. La puntina del giradischi doveva essere perfettamente pulita, senza quei minuscoli batuffoli di polvere che inevitabilmente l'uso le lasciava in eredità. Altrettanto bisognava fare con la superficie del vinile che doveva essere perfettamente lucida. Solo allora si poteva cominciare. Se tutto era filato liscio e l'ultimo «stop» era stato premuto sul registratore, si tirava un sospiro di sollievo. Eravamo autori di una sorta di miracolo tecnologico a cavallo tra arte e artigianato. Tutto questo fu possibile solo a partire dal '62, quando la Philips inventò la musicassetta, mettendola in commercio l'anno dopo. Fu una vera e propria rivoluzione, paragonabile all'invenzione del grammofono. Con la vendita delle cassette vergini iniziò l'era delle copie multiple: una sorta di pirataggio musicale ante litteram. Da quel momento la nostra musica preferita comprata su vinile diventava tascabile. Era sufficiente un piccolo stereo per ascoltarla ovunque. Anche in spiaggia o sotto casa. L'avvento dell'autoradio e del walkman ha fatto il resto. La musicassetta ci poteva accompagnare ovunque, in tutti i nostri spostamenti. Nei lunghi viaggi o fermi al semaforo, mentre facevamo jogging o sul treno. L'ascolto della musica usciva dalle pareti di casa per invadere piazze e strade: gli spazi del sociale. E chi non ha mai sfruttato un'autoradio per un colpaccio d'amore? Una canzone romantica al chiaro di luna comodamente seduti nell'intima penombra della nostra utilitaria. Se tutto andava per il verso giusto, il gioco era fatto. E se la preda era proprio un osso duro, allora scattava il piano B: la compilation dedicata. La cassetta si trasformava in un irripetibile pegno d'amore, su cui si riversavano le canzoni più dolci della nostra discoteca. L'ultima spiaggia del corteggiatore anni Ottanta: se non funzionava neppure quello, allora meglio lasciar perdere. Quando le case discografiche si resero conto delle enormi potenzialità del nuovo mezzo, non tardarono a pubblicare i nuovi album anche su nastro. In molti casi le musicassette originali superarono persino le vendite in vinile. Misteri di un fascino magnetico. Dopo 50 anni esatti di vita ora si fa un tuffo indietro, un viaggio nei ricordi di un passato neanche troppo lontano. «Le musicassette mi piaceva ascoltarle in macchina - racconta Carlo Verdone - Allora non c'erano i grandi stereo per auto. Così mi portavo il mio piccolo Sanyo e la musica mi faceva compagnia. Meglio poi se c'era anche una ragazza con me. Allora la musicassetta diventava la colonna sonora ideale. Si andava al Gianicolo, sotto il faro, in posti romantici dove ci si poteva baciare». Verdone ne ha comprate altre cinquanta di cassette vergini e se le tiene strette, conservate in un cassetto. «Non si sa mai», dice il regista romano. È vero, non si sa mai. Anche perché oggi le ultime cassette è possibile trovarle solo sugli scaffali di qualche vecchio tabaccaio. Impolverate e dimenticate sulle mensole più in alto. Scalzate da sgargianti lettori mp3, certamente più leggeri e versatili. Provate, però, a personalizzarli, magari scrivendoci sopra i titoli delle canzoni che avete dedicato alla vostra fidanzata. Mi sa che vi conviene tornare dal tabaccaio all'angolo e togliere un po' di polvere a quella vecchia C90.